6.0
- Band: BELPHEGOR
- Durata: 00:36:06
- Disponibile dal: 08/08/2014
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Ci sono gruppi che fanno esattamente quello che sanno fare, senza fare niente di più del dovuto. A questo filone sono iscritti d’ufficio, oramai da molti anni, gli austriaci Belphegor, i quali nel 2014 continuano a sfornare album fotocopia di black/death metal. “Conjuring The Dead” è il decimo lavoro della band in questione, i cui primi LP sono nettamente superiori al resto della discografia. Ma, terminato lo spazio per questo personale e spicciolo rimpianto, parliamo di queste nuove canzoni. I soliti temi neri riempiono i titoli della tracklist cui spetta, da quota “black metal”, un 20% di titolazione in latino. La produzione, avendo la ricca Nuclear Blast alle spalle, non può che essere moderna e pomposa, come il trend attuale vuole. Le tracce… “Gasmask Terror” apre all’insegna della velocità l’album. Il pestare duro sull’acceleratore è il trademark di sempre dei Belphegor, capaci però anche di scrivere buoni pezzi melodici, dai ritmi più cadenzati, come la già nota “Conjuring The Dead”. Anche “In Death” è la prova che Helmuth e Serpenth riescono a scrivere brani validi senza particolari problemi. La traccia è infatti un insieme di groove, stacchi veloci e arrangiamenti indovinati. Chi segue il gruppo poiché amante della velocità abbinata alla blasfemia e ai caratteristici grugniti di Helmuth alternati agli scream, troverà in composizioni come “Rex Tremendae Majestatis” un’autentica goduria. Gli arrangiamenti molto teatrali in quanto a rappresentazioni occulte donano pathos al brano, specie quando il ritmo cala e la pesante doppia cassa sancisce la solennità del momento. Possiamo affermare che il livello medio delle composizioni non scade mai al di sotto della sufficienza, ma, allo stesso tempo, neanche si eleva di molto da questa votazione. Anche le canzoni poste in chiusura di disco, dopo l’acustico intermezzo dal nome “The Eyes”, conservano il cliché Belphegor, quell’amalgama di velocità alternate a stacchi lenti e atmosferici, seguiti poi da soli di chitarra. E quindi anche se ci siamo avvicinati a questo disco senza particolari entusiasmi, consci che niente di nuovo ne sarebbe uscito dall’ascolto, non possiamo che giudicare sufficientemente, ancora una volta, il nuovo album di Helmuth e soci. I loro fan saranno sicuramente felici di questo album – e possono aggiungere mezzo voto alla valutazione finale. I vecchi lo snobberanno come i loro ultimi lavori, visto il “già sentito” imperante.