5.5
- Band: BENEATH THE STORM
- Durata: 00:51:27
- Disponibile dal: 01/09/2015
- Etichetta:
- Argonauta Records
- Distributore: Goodfellas
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Approdato al terzo disco in tre anni di attività, è chiaro che il polistrumentista sloveno Shimon sia affetto da una certa logorrea musicale, altrimenti non si spiegherebbe quest’ansia di rilasciare nuovo materiale a getto continuo. Per giunta, rimestando sempre su sonorità cupissime, rantolanti, senza alcuna discontinuità fra una traccia e l’altra. I capisaldi della proposta dei suoi Beneath The Storm sono stati definiti con le due opere precedenti e quanto ascoltiamo in “Devil’s Village” non fa null’altro che ribadire l’amore di quest’artista balcanico per tutto ciò che di nefando e marcio vi sia nella musica. Prendete le peggiori sembianze assumibili da sludge,drone e funeral doom, accorpatele, irroratele di basse frequenze e accordate gli strumenti in modo da renderli il più rintronanti e obesi possibili: suonate il tutto alla minima velocità accettabile prima di incorrere nell’immobilismo assoluto, quindi andate avanti all’infinito finché non andrete a colmare l’intera durata disponibile su un cd. Questo, per sommi capi, il contenuto di quest’album. Se l’intento era quello di sotterrarci, buttarci in un reame di tormenti e qui torturarci fino alla più straziante delle morti, potremmo dire che l’obiettivo è stato centrato in pieno: “Devil’s Village” schiuma fetore, sporcizia, odio verso chiunque. Fa sembrare leggeri gruppi come Yob, Ufomamut e Conan, tanto non concede respiro né misericordia nella sua azione di dissezione fisica e mentale di chi si pone all’ascolto. Anche sul versante funeral doom, tocchiamo i livelli di infezione di un’entità quale i francesi Funeralium, una delle discariche di devianza più assurde di cui siamo venuti a conoscenza negli ultimi anni. Il rovescio della medaglia, ciò che affossa l’album e lo pone in una posizione trascurabile nel panorama extreme metal odierno, è la sua assoluta noncuranza per qualsiasi musicalità. Vero, i gruppi appena citati in tema di pesantezza o delirio sono dei campioni assoluti e per i meno abituati a certe forme di doom estremo potrebbero sembrare dei semplici rumoristi, eppure tutte le band nominate – aggiungeremmo anche gli Thou per spiegare quale razza di pericolo potrete incontrare qua dentro –sanno distinguersi per colpi d’ingegno diffusi all’interno delle loro composizioni. Hanno il talento dalla loro, in poche parole, si respira sempre un’atmosfera tutt’altro che dozzinale nelle loro release, perché c’è sempre qualche elemento all’interno delle canzoni che fa spiccare il volo e conclama una sapienza nel maneggiare le note che invece Shimon per ora non possiede. Egli si limita a occludere ogni spazio di vitalità, a far rimbombare chitarra e basso su cadenze monotone, ossessive, introducendo poco o nulla da una canzone all’altra per variare il discorso e dare un senso al passaggio da una traccia alla successiva. Alla fine “Devil’sVillage” potrebbe essere benissimo un’unica, colossale, suite, perché tra una “The Curse Of Elizabeth” o una “Starting The Ritual”, “The Witches’ Sabbath” e “Burn The Witch”, non c’è praticamente la minima differenza. Il lavoro, quindi, pur destando in noi un minimo di interesse per l’atmosfera claustrofobica che vi si respira, diventa ben presto preda di noia e sbadigli, appena ci si accorge che al di là di una facciata mostruosa non vi sia molto altro se non rumore cancrenoso ripetuto fino al collasso. Qualcuno gradirà lo stesso, noi vi consigliamo di passare oltre.