6.5
- Band: BENEATH THE STORM
- Durata: 00:53:20
- Disponibile dal: 04/07/2016
- Etichetta:
- Argonauta Records
- Distributore: Goodfellas
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Mantiene il ritmo di un disco all’anno il buon Shimon, polistrumentista che approda al quarto album in altrettanti anni, anche in questo caso sotto l’egida dell’Argonauta Records. Il precedente “Devil’s Village” non aveva entusiasmato, il sovrasaturo funeral doom contaminato di sludge che lì veniva proposto ci aveva stancato in fretta, ingenerando l’idea che questo musicista fosse un grande produttore di disagio esistenziale e sopraffazione dell’ascoltatore, però piuttosto debole in veste di songwriter. “Lucid Nightmare” rivolta completamente il sound dei Beneath The Storm, solo dopo aver ricontrollato diverse volte di non essere incappati in file con denominazione errata ci siamo convinti di avere veramente a che fare col nuovo full-length della one-man band slovena. Dei bavosi estremismi di prima non è rimasto nulla, Shimon ha fatto tabula rasa completa di quello che i Beneath The Storm rappresentavano. Se fino all’anno scorso i riferimenti erano gruppi fonte di raccapriccio e sevizie quali Funeralium, Thou, o campioni di pesantezza quali Conan e Yob, ora si guarda all’operato di Corrosion Of Conformity, Down ed Alice In Chains. Le chitarre sono state modificate radicalmente, arrotate e rese fumose, zuppe di fuzz quasi a livelli di un ensemble stoner, abbastanza heavy ma sovente pastose e morbide, a richiamare nostalgie hard rock che non ipotizzavamo potessero interessare a un figuro simile. L’incedere è rimasto relativamente lento e privo di grossi strappi e mutamenti, sia ritmici che di riff, se c’è un punto in comune con l’operato precedente è quello di galleggiare nell’immobilismo, raggiungendo stati lisergici apprezzabili e diffondendo un greve sentore crepuscolare. Nella voce stonata, mantenuta su registri piuttosto puliti, la definitiva conferma del cambio di sterzata, che vede finalmente Shimon scrivere canzoni vere, non semplici reiterazioni di riff, tempi e atmosfere per il tempo necessario a mandare al tappeto l’ascoltatore. In questa nuova veste, i Beneath The Storm conquistano punti quanto a incisività e accessibilità, la confidenza con le ‘nuove’ sonorità è già buona, segno che questa evoluzione era lì pronta ad arrivare e non è avvenuta frettolosamente. “Insomnia” e “The House Of Doom” sono anthem scorrevoli, qua e là punteggiati di inasprimenti memori degli Electric Wizard e dei Cathedral più acidi, dotati anche di refrain di buon impatto e linee vocali convincenti. Manca totalmente il fattore personalità, dove paradossalmente la bilancia pende a favore dell’incarnazione passata della band. Però questo stile più snello e relativamente easy listening ha maggiori possibilità di fare proseliti, ha un tiro e un brio che non pensavamo Shimon riuscisse a mettere in mostra; pertanto, se apprezzate i nomi citati all’inizio della recensione, potreste appassionarvi a “Lucid Nightmare” ben più che per i precedenti tre album.