7.0
- Band: BETHLEHEM
- Durata: 00:41:52
- Disponibile dal: 17/05/2019
- Etichetta:
- Prophecy Productions
- Distributore: Audioglobe
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Tra gli iniziatori, a tratti inconsapevoli, del DSBM, i Bethlehem tornano con un album che appare congelato nel tempo, e intendiamo questo come un complimento: “Lebe Dich Leer” suona infatti come uno di quei lavori classici, per quanto magari ‘minori’, che a un ascolto distratto uno non ricorda nemmeno a quando far risalire, se non fosse per la produzione sicuramente lontana da quella dei loro acerbi esordi (e ben migliore, ovviamente). Il Vuoto Vivere del titolo viene declinato in nove brani tra loro piuttosto organici ma al tempo stesso variegati, dove la melodia si trasforma in maniera cangiante seguendo tanto i momenti più trascinanti quanto gli emozionanti passaggi acustici; questi sono spesso presenti in apertura di diversi brani, ma anche quando creano degli intermezzi all’interno degli stessi risultano sempre cupi ed emozionanti, come avviene per esempio in “Niemals Mehr Leben” o nella parte recitata da una voce (infine) femminile in “An Gestrandeten Sinnen”. Confermata al microfono la versatile Onielar, già presente sull’album eponimo del 2016, in brani come “Ich Weiß Ich Bin Keins” i suoi sussurri maligni, legati alle cadenze eteree e sulfuree sono perfetti manifesti dell’umana sofferenza; che riescono comunque – come già in passato – a mantenere una discreta appetibilità per un pubblico meno avvezzo alle strida più animalesche di loro epigoni quali gli ormai sepolti Silencer. Lo spleen trova anche sfoghi più ritmati nelle doomeggianti “Wo Alte Spinnen Brünnen” (forse il brano più struggente del lotto) e “Dämonisch Im Ersten Blitz”, poste più o meno a metà album, quasi a segnare il confine prima dell’assalto più nichilista: gli ultimi brani inaspriscono infatti il lato più furente della band, anche se paradossalmente la traccia più veloce inizia con un amabile arpeggio (“Aberwitzige Infraschall-Ritualistik”) mentre il finale quasi punk, anche per lunghezza, di “Bartzitter Flumgerenne” viene intervallato da tre preziosi e toccanti stacchi per chitarra e pianoforte. È insomma evidente come la band tedesca non abbia rinunciato alle proprie cifre stilistiche dopo quasi trent’anni di carriera, pur sapendosi ancora rinnovare, centrando così l’ennesimo full-length di qualità. Non è sempre facile, e ringraziamo Jürgen Bartsch della sua creativa perseveranza.