7.5
- Band: BEWITCHER
- Durata: 00:36:18
- Disponibile dal: 16/04/2021
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
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Se i primi due album degli statunitensi Bewitcher rappresentano ad oggi due dei migliori prodotti di genere black/speed metal usciti nell’ultimo decennio, con il nuovo “Cursed Be Thy Kingdom” di fatto non vi è altro che quella tanto anelata conferma di maturità, stile ed ispirazione, indispensabile nel momento in cui si decide di immettere sul mercato la propria opera terza, che in questo caso è anche la prima ad essere edita presso Century Media Records, il cui contributo in fase di produzione è sempre un elemento ben tangibile.
Come ogni appassionato può confermare, il terzo album di una qualsiasi formazione è sempre un traguardo fondamentale, dal momento che potrebbe decretarne la consacrazione nei casi migliori, così come la distruzione in quelli peggiori, e ci sarebbero davvero decine di esempi fattibili in merito. Fortunatamente, il terzetto di Portland a questo giro ha giocato nuovamente le proprie carte in maniera davvero difficile da criticare, confezionando di fatto trentasei minuti abbondanti in cui stregoneria fiammeggiante e blasfemia edonica assumono la forma di una lunga lama color ossidiana, degna di un cavaliere nero proveniente dall’immaginario di un Dark Souls qualsiasi.
Mettendo da parte le citazioni da nerd tanto care a chi scrive (anche se, osservando la fantastica copertina, il desiderio di viaggiare un po’ con la fantasia verrebbe a tutti), all’atto pratico la proposta dei Bewitcher non si discosta quasi per niente da quanto fatto in precedenza: si tratta pur sempre di una sapiente riproposizione di un black/speed metal di stampo classico, con in più quel sempre delizioso retrogusto thrash’n’roll. In buona sostanza, una formula che attinge a piene mani dallo storico operato dei vari Motorhead e Venom, e che in tempi più recenti ha fatto la fortuna di band come i Midnight o gli ancor più giovani Hellripper. Anche se in questo caso i Bewitcher scelgono volontariamente di raffinare parzialmente il sound, rendendolo più tagliente, ma leggermente meno distruttivo e massacrante rispetto a quanto possibile udire nel predecessore “Under The Witching Cross”. Le smitragliate belligeranti tuttavia non mancano, come ci suggerisce la iniziale “Death Returns…” appena dopo l’intro “Ashe”, o anche “Electric Phantoms” e la cattivissima titletrack poco più avanti. Anzi, potremmo dire che la scaletta sia strutturata come un’altalena, in quanto ad ogni brano più veloce e aggressivo ne segue uno dal tiro più contenuto, a prescindere che vi sia una predominanza rockeggiante come in “Satanick Magick Attack”, o una vera e propria pennellata di buio come in “Valley Of The Ravens”. Questo almeno fino alla parte finale, dal momento che sia quella piacevolissima cafonata di “Metal Burner”, sia “The Widow’s Blade” rappresentano l’apoteosi del moshpit più fomentante, rigorosamente da approcciare con la cintura di proiettili in vita e i capelli bagnati di birra dopo aver sbadatamente travolto l’ascoltatore calmo e pacato di turno, rigorosamente nel posto sbagliato al momento sbagliato.
A sorpresa, il gradino più basso della scaletta appena discesa è rappresentato da una cover decisamente furibonda di “Sign Of The Wolf” dei Pentagram; una graditissima sorpresa da parte di Matt Litton (alias Unholy Weaver Of Shadows & Incantations) e soci, che ne approfittano anche per porgere un sentito omaggio all’iconica formazione guidata dal controverso frontman Bobby Liebling. Una fonte di ispirazione comune a molte band di genere affine, e possiamo dire che ogni icona del metallo old-school dovrebbe essere fiera di realtà come i Bewitcher, in grado di riproporre qualcosa di apparentemente già sentito più volte, riuscendo però a dargli quella ventata di freschezza di cui c’è sempre bisogno quando si decide di dedicare anche solo parte della propria carriera alla preservazione dei filoni classici, potenzialmente con l’intenzione di rilanciarne la grandezza. Chiaramente c’è ancora margine di miglioramento e di ulteriore definizione della personalità, ma non vi è alcun dubbio che il temuto esame del terzo album sia stato superato con ottimi voti.