6.5
- Band: BHLEG
- Durata: 01:38:41
- Disponibile dal: 23/02/2018
- Etichetta:
- Nordvis Produktion
Spotify:
Apple Music:
Non molto tempo fa abbiamo avuto modo di ascoltare il pregevole lavoro della one-man-band Panphage, edito dalla Nordvis Produktion, che omaggiava con la sua musica la Madre Terra. Sempre per la medesima etichetta, esce ora un secondo tributo allo splendore della Natura e, nello specifico, del Sole. Simbolo di vita, adorato da tutti i popoli ed inserito quasi sempre ai vertici del pantheon di qualsivoglia religione pagana, il Sole, con il suo eterno conflitto con la notte e il gelo dell’inverno, ha affascinato profondamente l’opera di un duo svedese che porta il nome di Bhleg. La band di Göteborg, infatti, ha lavorato per quasi quattro anni prima di riuscire a mettere in musica questo inno primitivo: una lavoro mastodontico, della durata di novantotto minuti, composto esclusivamente di giorno, nelle ore più luminose. Appare quasi ossimorico pensare che i Bhleg abbiano scelto il black metal per questa celebrazione: la forma musicale che più si nutre dell’oscurità, che prospera nelle ombre, che asciuga i colori nel bianco e nero del corpsepaint, scelto per celebrare il tepore dei raggi dorati che inonda una foresta incontaminata? Sì, perchè il black metal declinato dai Bhleg è quello nella sua forma pagana, che si nutre del folklore, che celebra gli antichi dèi dormienti, nelle rocce, nelle montagne, nella terra e, appunto, nel Sole. Musicalmente i Bhleg costruiscono composizioni che partono da una matrice black metal per poi incorporarvi intagli ed incisioni: una chitarra acustica che accompagna il canto degli uccelli (“Alvstråle”), passaggi più malinconici e sofferti (“Gudomlig Grönska”), invocazioni sciamaniche con cenni di voce pulita (“Kraftsång Till Sunna”), percussioni primitive fatte di legno e ossa; e perfino quale sprazzo di musica dark ambient (“Skuggspel”). Le composizioni, tredici in totale, sono spesso molto lunghe, con quell’incedere ipnotico e ripetitivo che porta ad uno stato meditativo. Questa precisa scelta stilistica, però, unita alla durata enorme del disco, diventa il punto debole dell’intera operazione: “Solarmegin” è un lavoro ostico, quasi impossibile da assimilare in una sola sessione. Il rischio, in questi casi, è di disperdere le buone idee in una massa difficile da gestire, che nasconde invece di valorizzare. Il che è un peccato, perché i Bhleg sanno regalarci interessanti momenti in cui raggiungono un invidiabile equilibrio tra folk, black metal ed atmosfere pagane (come nel caso di “Alyr – Helgedomen” o “Kärleksrit”). Un lavoro meritevole, dunque, ma non perfettamente riuscito: se, però, non vi spaventa l’idea di affrontare un’impresa ardua, dandovi il giusto tempo per capire ed apprezzare “Solarmegin”, aggiungete pure mezzo punto al voto finale e date una chance a questo ambizioso lavoro.