8.5
- Band: BIG BRAVE
- Durata: 00:40:00
- Disponibile dal: 19/04/2024
- Etichetta:
- Thrill Jockey Records
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Prosegue nel suo singolare filone floreale, la fortunata avventura dei Big Brave. E lo fa questa volta spostando leggermente il tiro dallo sludge/noise/shoegaze con il quale ha ammaliato gli appassionati di sonorità ‘storte’ e particolari. Se in “nature morte” il trapelare di intimismo e fragilità aveva dato un tono tutto suo ad alcune parentesi, questo “A Chaos Of Flowers” va proprio a intromettersi in tutt’altra dimensione. Portando il terzetto – per questo disco attorniato da una nutrita serie di ospiti – in un reame che è poi quello di Emma Ruth Rundle o Chelsea Wolfe, con un’interpretazione scura, toccante e, solo occasionalmente, disturbata, di sonorità eteree e crepuscolari.
C’è subito questo inizio, nel nome di “i felt a funeral”, a spalancarci le porte a un tipo di racconto imprevisto e a regalarci i primi attimi di stupore, che in seguito diventeranno un profondo viaggio in un altro tipo di emozionalità, rispetto a quella caratteristica della casa. Una composizione dal taglio flebile, contemplativa, minimale e fatta di pochi dettagli: una voce che declama lenta e tremolante, i feedback poco rumorosi, un’armonia orientaleggiante a vibrare tutt’attorno, la sensazione di essere avvolti da un’oscurità pervasiva ma non opprimente: a volte serve poco per un brano denso di fascino, ed è questo sicuramente il caso.
I Big Brave trasmigrano nel puro crooning, annerito e sporcato di rumore giusto per ricordare da dove provengano: mentre del noise belligerante, o della pesantezza dello sludge, persino dei toni immaginifici dello shoegaze, qua non vi è indizio alcuno.
“not speaking of the ways” ributta in campo il rumore vero, ma lo fa in un’ottica anche stavolta di carezzamento e ricerca dell’estasi, facendo contrastare piacevolmente grumi di suono carico di fuzz e gli slanci vocali di una Robin Wattie in stato di grazia. Siamo sui livelli delle migliori nere cantrici oggi in circolazione, fossero le già citate Emma Ruth Rundle, Chelsea Wolfe, oppure A.A. Williams, Kristin Hayter di Lingua Ignota, oppure Anna von Hausswolff.
Ogni traccia di “A Chaos Of Flowers” si sviluppa come un poema musicato, con l’accompagnamento sonoro alle parole che rimane qualcosa di non invasivo, non ci sono strappi ritmici a rompere l’atmosfera, la quiete – malinconica, soave, candida – regna sovrana. Nonostante questo abbandono delle ostilità, a favore di arpeggi melliflui, compostezza, gestione del feedback perché non sfoci mai nel dolore, i Big Brave dimostrano di sapere dire moltissimo anche in questa nuova veste. Anzi, mettono in fila un gioiello dopo l’altro.
Difficile estrarre la perla più splendente della tracklist: c’è chi potrebbe essere particolarmente sedotto dall’idioma francese utilizzato in “chanson pour mon ombre” e dalla sua chitarra acustica slabbrata; qualcun altro si farà ipnotizzare dai rintocchi di “canon : in canon” e il suo ondeggiante drone chitarristico; o perché non perdersi negli stridori sinistri di “theft” e la sua ombrosità crepuscolare, con la recitazione della Wattie a farsi gelida e tentatrice? Ci si avvicina ai territori dei Fvnerals di “Let The Earth Be Silent”, senza quell’idea di atroce minaccia che il duo inglese fa assaporare.
Quella dei Big Brave è a sua volta una miscela di folk apocalittico, darkwave, drone, ambient, doom, ma traspare da essa più serena accettazione della tristezza, che inquietudine e rabbia.
Anche quando il suono si fa più crepitante e voluminoso, la volontà è quella di cullarci in una beata e infinita tristezza, usando con moderazione il poderoso arsenale noise e veicolandolo in una direzione ben più calma e posata del solito. “A Chaos Of Flowers” è veramente un grande disco, al medesimo livello, se non superiore, a quanto espresso dai Big Brave quando si prestano a ritmi più incalzanti e un suono più ricco e stratificato. Una band, quella di Montrèal, da anni incapace di scendere sotto l’eccellenza e di affermare banalità.