7.0
- Band: BISON B.C.
- Durata: 00:44:19
- Disponibile dal: 22/10/2012
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Sony
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Due anni sembra il tempo necessario ai canadesi Bison B.C. per confezionare della nuova musica, visto che è quello trascorso tra i due dischi precedenti – “Quiet Earth” e “Dark Ages” – e ora tra quest’ultimo e il nuovo “Lovelessness”. I buoni riscontri fino ad ora ottenuti hanno sicuramente spronato la band, sicura dei propri mezzi in un periodo storico musicale dove le sonorità pesanti e sporche vengono di gran lunga preferite a quelle tradizionaliste. Il merito del quartetto di Vancouver è stato quello di trovare un frizzante compromesso tra entrambe le parti, puntando ad un impatto sonoro esplosivo, capace di unire sotto la stessa bandiera la classicità dei Motorhead, l’irruenza degli High Of Fire e le ritmiche corpulente dei primi Mastodon: una formula micidiale, tuttavia non priva di punti deboli, puntuali a manifestarsi quando l'”effetto sopresa” svanisce, evidenziando delle strutture dei brani sì avvincenti ma, allo stesso tempo, spesso molto similari tra di loro. “Lovelessness” sembra rispecchiare in pieno questa analisi: il disco, infatti, nonostante sia indubbiamente in possesso di una carica adrenalinica micidiale, risulta troppo simile ai suoi predecessori, prendendone gli spunti e insistendo su idee gia ampiamente apprezzate in passato. Partendo da un suono tipicamente heavy e arricchendolo poi con diverse quantità di grezzume stoner/sludge, i Nostri sembrano aver trovato la definitiva quadratura del cerchio, alternando pezzi cadenzati e ragionati, comunque molto riusciti, ad altri molto più veloci e dal minutaggio contenuto. Piace l’ispirazione di brani come “Anxiety Puke / Lovelessness” e “Blood Music”, preziosa di un maestoso lavoro di chitarra la prima e ben più psichedelica la seconda, trascinata sul finale da un rombare di chitarre frastornante. Convincente anche “Last And First Things”, un crescendo di riff sporchissimi che sfocia poi in una cavalcata heavy sulla quale, però, si sarebbe potuto lavorare meglio. Non che il resto sia da buttare, anzi, ma, a parte gli episodi nominati, le sorprese vere e proprie faticano a trovarsi, facendo perdere per strada quello stato d’animo euforico che, al contrario, fece spesso capolino durante l’ascolto dei predecessori. Solidità e mestiere rimangono comunque indiscutibili, sottolineati da un guitar work impeccabile e ricco anche di ispiratissimi assoli (andatevi a sentire quello finale di “Finally Asleep”), elementi che, sommati alla simpatia e all’onestà di questi musicisti, rendono “Lovessness” un disco apprezzabile e sincero. Certo è che prima o poi occorrerà apportare nuove idee ad una formula innegabilmente limitata.