7.5
- Band: BLACK ANVIL
- Durata: 01:11:43
- Disponibile dal: 24/05/2014
- Etichetta:
- Relapse Records
- Distributore: Audioglobe
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Ai Black Anvil non piace ripetersi e ciò è sicuramente un bene, soprattutto considerato il fatto che il precedente “Triumvirate”, disco aderente ad un black metal tanto teso quanto canonico, non ci aveva particolarmente entusiasmato. Con “Hail Death” i newyorkesi mescolano appunto le carte in tavola, presentandosi con un’opera che rompe con il recente passato, sembra recuperare alcune ispirazioni degli esordi nonchè introdurre diversi altri nuovi elementi. D’altra parte, l’apertura mentale è da sempre di casa nei Black Anvil: non dimentichiamo infatti che metà della lineup ha fatto parte degli hardcorer Kill Your Idols e che questa tutt’ora costituisce la spina dorsale dei leggendari Cro-Mags in sede live. “Hail Death”, in tal senso, è praticamente il sunto della poliedricità di questi musicisti: un album che sposa una vena black metal vicina agli ultimi Watain con una forte base old school di matrice Celtic Frost e che offre sovente strutture e ritmiche degne dei Metallica dei primi quattro album. Volendo stare alla larga da definizioni variopinte, si potrebbe affermare che “Hail Death” sia sostanzialmente un album di “semplice” metal epico ed aggressivo, in cui soluzioni di vari filoni anni Ottanta e Novanta trovano mirabilmente spazio senza generare confusione. Il riffing di chitarra è ora groovy, ora tagliente, la voce ispida ma anche incline ad aprirsi ad un buon pulito, le ritmiche ora quadrate, ora serrate e nervose. Emerge tuttavia – almeno per buona parte della tracklist – un forte senso di fluidità e coesione prettamente vecchia scuola, come se i Black Anvil avessero effettivamente cercato di confezionare una versione più mortifera delle varie “Master Of Puppets”, “Disposable Heroes”, ecc. Eccellente la produzione, basata su suoni tanto nitidi e potenti quanto squisitamente organici, e notevole, perlomeno a tratti, il songwriting. La band azzecca almeno un paio di brani davvero clamorosi – l’opener “Still Reborn” su tutti – e nel complesso riesce a difendersi benissimo, nonostante alla lunga si faccia largo l’impressione che la durata del lavoro sia un tantino eccessiva. Settanta minuti sono effettivamente troppi, ma ciò non toglie che con “Hail Death” i Black Anvil abbiano raggiunto quello che ad oggi è il loro apice compositivo. Disco personale, ambizioso e per certi versi sorprendente.