7.0
- Band: BLACK BONED ANGEL
- Durata: 01:01:16
- Disponibile dal: 19/02/2013
- Etichetta:
- Handmade Birds Records
Spotify:
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Dal 2003 ad oggi i neozelandesi Black Boned Angel hanno pubblicato sei full-length album e una marea sterminata di singoli, split, EP, e altri spin-off vari, elementi che sono andati tutti a formare una discografia corposissima e di tutto rilievo a coronamento di una militanza artistica che ha dato tantissimo al mondo del drone-doom, aiutando ad espanderne i confini e la portata in maniera imprescindibile. Nonostante questa, creatività, prolificità e produttività artistica, Campbell Kneale e James Kirk (il duo alla base del progetto) sono sempre vissuti nell’ombra, lontani dalla popolarità e dalla venerazione che ha colpito per esempio altri illustrissimi esponenti del genere come Dylan Carson, Greg Anderson e Stephen O’Malley. E il motivo alla base di questa esistenza nell’ombra dei Black Boned Angel appare ovvia appena si vanno a riscoprire opere squassanti quali “Bliss and Void Inseparable”, “Dashed Upon Stones” e “The Endless Coming Into Life” tutti lavori la cui cupezza, astrattezza e violenza sembrano non essere mai state superate neanche dai Sunn O))) appunto, e tutti fattori che hanno relegato i Black Boned Angel agli abissi inconoscibili dell’avantgarde metal neozelandese, dell’harsh noise e del dark ambient più decadente e marcito che si possa concepire. Spesso accostati ad un certo modo di intendere il depressive black metal o il funeral doom, i Nostri hanno però sempre mantenuto le loro radici ben salde nel mondo dell’ambient, del noise, del doom metal più elaborato (con Melvins e Boris sempre a fare da luci guida) e soprattutto dell’industrial, componente mai trascurata nell’impianto sonoro del duo. I lettori più attenti ed esperti avranno anche già capito che il nome stesso della band è indissolubilmente legato all’industrial, visto che “Black Boned Angel” è anche il titolo di una celebre canzone dei Godflesh, band che forse più di chiunque altro ha influenzato Kneale e Kirk. “The End”, sesto full-length album dei Nostri, come il titolo stesso evoca anche e soprattutto il canto del cigno del duo, che dopo dieci anni ha deciso di porre fine per sempre ad un progetto in cui hanno creduto tantissimo ma che non ha mai fatto breccia nella sensibilità del pubblico americano ed europeo. E la band con il lavoro in questione toglie il disturbo senza sconti o senza lasciare alcuno spazio ad alcuna rilassatezza. E’ un addio doloroso e sanguinante, quello con cui i black Boned Angel si congedano, e le tre tracce di “The End” sono null’altro che gli ultimi ritocchi dati ad un quadro grottesco, immondo, oscuro ed estremamente visionario che è la loro discografia. Sludge metal, black metal, noise, ambient, doom metal, industrial, crust e improvvisazione vivono tutti in questo album in una simbiosi surreale e dal feel altamente astratto e obliquo che lascia poco spazio ad interpretazioni o a tentativi di categorizzazioni. La musica sgorga fuori in maniera emorragica, a tratti efferata e martellante, in altri dilatatissima, polverizzata, crivellata dal feedback e da vuoti, dalla mancanza stessa di suoni, da sospensioni e mancanze di ogni sorta. La batteria ben presente e le voci mai troppo defilate sono come un lume per l’ascoltatore, l’unico appiglio al mondo musicale convenzionale che gli rimane per barcamenarsi in qualche modo in un mondo sonico altrimenti buio, sconosciuto e completamente alieno. Ultima ed essenziale prova di forza di un grandissimo progetto heavy che tutti dovrebbero conoscere, e proprio per questo ottima occasione per gli amanti del drone doom, dell’avantgarde metal, del noise e del funeral doom per scoprire una band imprescindibile prima che sprofondi per sempre nei libri di storia di un underground in questo caso ingrato e anche un po’ miope.