8.0
- Band: BLACK BREATH
- Durata: 00:32:42
- Disponibile dal: 20/03/2012
- Etichetta:
- Southern Lord
- Distributore: Goodfellas
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Sono un gruppo sguaiatissimo e, in apparenza, grossolano, i Black Breath; però uno di quei gruppi che sanno scrivere canzoni. Canzoni in grado di rimanere in testa e che hanno quel tocco in più capace di trasformare i dischi in veri e propri piccoli gioiellini. Il precedente full-length, “Heavy Breathing”, ha permesso al quintetto di Seattle di abbandonare lo status di ‘band di culto’ per entrare in fretta e furia tra i capofila del nuovo suono death e thrash americano. Giusto dunque che questo nuovo disco sia circondato da vibranti attese, per capire dove la band sia andata a parare e, soprattutto, se e come abbia reagito al crescente successo. Tuttavia, basta anche solo un singolo ascolto per rendersi conto che non sia assolutamente il caso di preoccuparsi. La tavola apparecchiata da Neil McAdams e compagni prevede un menu sonoro i cui rimandi sono da trovare ancora una volta nei classici Dismember, nel death’n’roll alla Entombed più ispirato, nel sano vecchio hardcore-crust e, magari, in quei primi The Haunted troppo in fretta dimenticati; il tutto incorniciato da una produzione potentissima curata da Kurt Ballou (Converge). I dieci brani che compongono “Sentenced To Life” proseguono insomma nel discorso già precedentemente avviato, arricchendosi e caricandosi però di alcune nuove suggestioni sonore, a partire dall’incipit “Feast Of The Damned”, col suo andamento crescente e l’azzeccatissimo ripetersi del micidiale riff d’apertura, che rientra senz’altro tra le cose più accattivanti composte sinora dai ragazzi e che dà al pezzo quasi una connotazione da inno. Più in là si assiste quindi a un susseguirsi di soluzioni che strizzano l’occhio sia alla carica barbara del debut, sia a formule un po’ più “adulte” e misurate, tutto sommato inedite per i Nostri. È il caso di una “Endless Corpse” o di una “Obey”, tracce dalle tinte fosche e dal taglio propriamente old school death metal, nelle quali i Black Breath mettono da parte la loro ormai tipica irriverenza per abbracciare strutture più possenti e maligne. In mezzo, spazio anche per gradite pillole groovy (“Home Of The Grave”, “The Flame”…), che, in alcuni frangenti, non possono non rimandare a certe esperienze analoghe dei Dismember di pezzi come “Casket Garden” o “Where Angels Fear To Tread”, anche se, per l’attitudine sbruffona, per un filo in più di istrionismo che fa capolino qua e là e, più spesso, per il cantato più vicino all’hardcore vecchio stampo o al thrash, finiscono spesso e volentieri per suonare sempre e comunque Black Breath. Avviene così di passare tra climi che ricordano la storica scena swedish death a lancinanti esplosioni thrasheggianti, da cadenze pachidermiche a episodi tendenti a un hardcore iper-vitaminizzato, in un percorso che può riportare alla mente tante precedenti esperienze, senza in fondo ricordarne precisamente nessuna. Un elemento, questo, che, assieme ovviamente all’ispirazione nel riffing, rientra senza dubbio tra gli aspetti più positivi della proposta della band statunitense e che, di conseguenza, fa sì che “Sentenced To Life” possa candidarsi seriamente ad essere tra le migliori uscite del 2012.