8.0
- Band: BLACK BREATH
- Durata: 00:49:12
- Disponibile dal: 25/09/2015
- Etichetta:
- Southern Lord
- Distributore: Goodfellas
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L’evoluzione appare chiara già dalla durata dei singoli brani e dalla presentazione grafica, ovvero l’ennesimo intenso dipinto del sempre più noto Paolo Girardi; nei tre anni che separano il precedente “Sentenced To Life” dal nuovo “Slaves Beyond Death” la proposta dei Black Breath è divenuta più cupa, articolata e severa. Bastano pochi minuti di ascolto per rendersi conto che i ragazzi statunitensi abbiano cercato di rinnovarsi, trasformando il death’n’roll/thrash metal offerto nei primi due full-lengh in qualcosa di più maestoso e pesante. A livello sonoro, l’incipit di “Pleasure, Pain, Disease” – preso di peso da “Leprosy” dei Death – fornisce il primo indizio; la voce di Neil McAdams, ben più maligna e gutturale del solito, ne porta un altro, mentre il riff principale della title-track – più Obituary dei migliori Obituary – costituisce la prova definitiva. I Black Breath hanno rinvigorito il loro sound di album in album e con “Slaves Beyond Death” si sono definitivamente trasformati in una death metal band fortemente radicata negli stilemi tipici dei primi anni Novanta. L’attitudine spavalda e le radici hardcore sono state soppiantate da un’atmosfera astiosa e da una gravità che non lasciano campo ad alcun fraintendimento. È quasi come se la band si fosse liberata dal peso di dover essere sempre e per forza ignorante e sfrontata, restando al contempo altamente credibile durante il lento ma inesorabile processo che l’ha portata fuori prima da quella scena (crust) hardcore e poi da quei paragoni con “Wolverine Blues” in cui per certi aspetti ancora sguazzava. Tutto ciò si riversa nella performance di Eric Wallace e Mark Palm, coppia di chitarre sempre al centro dell’esecuzione e sempre più ambiziosa, la cui tonnellata di riff viene esaltata dalle strutture più elaborate in cui il gruppo si sia fin qui cimentato. Con “Slaves Beyond Death” i Black Breath entrano nella loro nuova fase, quella della piena maturità, confezionando il capitolo più importante della loro continua evoluzione; a differenza dei vecchi lavori, questo è un disco ricco di sfumature e piccoli dettagli, ideato per rendere al meglio se ascoltato nella sua interezza. Un album che prende a piene mani dal periodo d’oro del death metal novantiano, ma che al tempo stesso non manca di fornire alcuni di quegli spunti orecchiabili e immediatamente contagiosi tipici dei migliori episodi del vecchio repertorio (“Chains Of The Afterlife” omaggia persino i Metallica del periodo ’84/’86). L’ispirazione è sempre su alti livelli e in generale i ragazzi di Seattle sembrano avere più fame che mai. Inarrestabili.
https://soundcloud.com/southern-lord-records/black-breath-slaves-beyond-death