7.0
- Band: BLACK DEATH CULT
- Durata: 00:37:54
- Disponibile dal: 01/04/2022
- Etichetta:
- Profound Lore
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I Black Death Cult sono la creazione del musicista canadese Timothy Grieco – che qui usa lo pseudonimo Rephaim Specter – più conosciuto per la sua attività con gli Antediluvian e, come bassista live, con i Revenge. “Diaspora” è il secondo disco del quintetto, che sembra aver affinato la bizzarra formula introdotta con il più timido “Devil’s Paradise” del 2019: un death metal sui generis con qualche pennellata di black ma, soprattutto, contaminato da tonnellate di doom/stoner fracassone e di psichedelia. Si potrebbe dire che la spiegazione della musica dei cinque nordamericani sia racchiusa nel monicker che si sono scelti: il nome Black Death Cult è stato ispirato dall’ascolto di una compilation così intitolata dei deathsters loro connazionali Cremation e, allo stesso tempo, è stato utilizzato perché ricorda i Black Sabbath ed i Blue Oyster Cult, entrambi dichiarate influenze – i primi a livello sonoro, i secondi probabilmente più per l’immaginario oscuro e legato al paranormale. “Diaspora” è, infatti, costituito da una serie di pezzi lunghi ma mediamente lineari, basati su riff reiterati e distorti, una batteria potente, un basso dai suoni grassi e ben distinguibili e dalla presenza quasi costante dei sintetizzatori o di un organo dai suoni malefici; su tutto una voce che alterna growl e urla orrorifiche, andando a creare un’atmosfera densa e rituale. Paradossalmente, in una proposta piuttosto omogenea – senza connotazioni negative – il solo brano completamente differente dagli altri risulta essere anche il più originale: la breve “Inverse Moon”, l’unica canzone con voce pulita, infatti, rievoca i primi Pink Floyd interpretati in una versione metal, come se Syd Barrett e gli Sleep si fossero messi a jammare in preda a qualche sostanza psicotropa.
Forse non tutto è perfettamente a fuoco e ogni tanto si nota qualche momento ripetitivo, ma “Diaspora” è un disco con alcuni spunti molto interessanti.