7.0
- Band: BLACK FUNERAL
- Durata: 00:45:15
- Disponibile dal: 09/09/2016
- Etichetta:
- Dark Adversary Productions
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I Black Funeral, progetto solista portato avanti da Baron Drakkonian Abaddon, al quale si è aggiunto da solo un anno fa Azgorh Drakenhof, nati nel lontano 1993 sono di fatto una band storica della scena black metal statunitense. Arrivati con il nuovo “Ankou And The Death Fire” al loro nono full length, in realtà di rado ci hanno regalato sino ad oggi alti momenti di black metal. E’ pertanto una piacevole sorpresa constatare che il nuovo CD raggiunge ottimi livelli. I Nostri si attengono rigorosamente ai dettami del black metal underground, che prevede una produzione con sonorità cavernose. Ed in fatto di produzioni underground i Black Funeral non hanno mai deluso, anzi, talvolta hanno decisamente esagerato rendendo alcuni lavori quasi inascoltabili. Sul nuovo “Ankou And The Death Fire” non mancano perciò le chitarre ‘zanzarose’, autrici stavolta di un riffing validissimo; peccato solo che il loro volume sia un po’ troppo basso. In passato diverse volte i lavori dei Black Funeral sono risultati caotici o inconcludenti, figli di una sperimentazione che sembrava esser dettata più dalla casualità che dalla pianificazione. Stavolta invece la band ci offre una release compatta, omogenea e che segue delle linee guida ben precise. Molto intenso è il pathos che il nuovo duo statunitense è riuscito a creare, come era già accaduto su “Vulolak”, è davvero intenso seppur differente. L’atmosfera di fondo è bella cupa, disperata, notturna ed in certi frangenti ha persino qualcosa di vampiresco come era accaduto nell’album del 2010 appena citato. I testi qui sembrano avere più di qualche attinenza al lato oscuro della mitologia celtica, ma su questo album non troverete alcun elemento musicale propriamente ‘celtico’. Abbandonate le sperimentazioni dark ambient , su questo nuovo loro capitolo i Black Funeral hanno imbastito un black metal più lineare ed efficace che in passato; sembrano esser stati influenzati da gruppi quali gli Ancient, i norvegesi autori dell’indimenticato “Svartalvheim”. Ma il loro particolare riffing criptico e portatore di arcane melodie può anche ricordare la scuola finnica più estrema di Horna e Sargeist, senza tuttavia possedere la medesima violenza. Tra gli episodi più riusciti della release si segnalano “Berour Ar Maro (Henchman Of Death)”, l’ottima opener e “The Morrigan (Battle Crow)”, molto vicina alle sonorità degli Ancient come anticipato in precedenza. Ma piacciono molto anche la titletrack e “Gwyn Ap Nudd (King Of The Underworld)”, per la maggior presenza di midtempo ritmati che infondono cattiveria al brano. Una bella sorpresa e senza dubbio uno dei migliori capitoli scritti dai Black Funeral. Album consigliato, indipendentemente dal fatto di essere pro o contro la fin troppo chiacchierata scena black metal statunitense.