7.5
- Band: BLACK LABEL SOCIETY
- Durata: 00:44:11
- Disponibile dal: 18/04/2014
- Etichetta:
- Mascot Records
- Distributore: Edel
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Dire ancora che Zakk Wylde è l’ex chitarrista di Ozzy è sinceramente un po’ sminuente. Certo, il Madman è stato sicuramente il più importante dei trampolini di lancio per l’allora giovane e non barbuto Zakk, ma c’è da dire che dai tempi di “No More Tears” e “Ozzmosis” di strada il ragazzone ne ha fatta parecchia. Nel frattempo ci sono stati un disco eccezionale, piccolo culto tra gli ascoltatori heavy di una certa età, con i Pride & Glory; e poi quella scura gemma rock chiamata “Book Of Shadows”. Dopo questi due, sono nati i Black Label Society, band con la quale il Nostro ha ormai superato la decina di studio album pubblicati, e sotto la cui egida ci presenta anche il qui presente “Catacombs Of The Black Vatican”. Per coloro che, leggendo il titolo, si aspettano una virata verso il metal satanico o estremo, così come anche per coloro che si sono fatti un’idea simile vedendo la tetra copertina, diciamo però che le cose non sono andate affatto in questa direzione. Questo nuovo album della Società dell’Etichetta Nera è infatti un lavoro intenso ed emozionale, dai connotati marcatamente melodici, una sorta di opera southern innestata su una ruggente base metal, un lavoro incline cioè ad una forte malinconia e caratterizzato da un approccio tanto umbratile quanto alle volte viscerale e sanguigno. I colori predominanti risultano essere l’oro e l’ambrato del malto del whisky, mentre il gusto che si avverte è quello fumoso e torbato di alcuni notturni locali dell’America degli Stati del sud: una miscela sfocata ma assolutamente personale, che dipinge l’immagine non solo di Zakk chitarrista, ma anche di Zakk pianista, e Zakk compositore. “Field Of Unforgiveness” è il primo ruggente saluto che il barbuto musicista ci da appena pigiamo play; ed è subito il suono della Les Paul a farsi notare in tutta la sua prepotenza. Il riff principale, ipnotico e oscillante, ci rimanda ai tempi del Madman, sia come pentagramma che nell’ interpretazione vocale del grande Zakk. “My Dying Time” riduce l’attacco ma aumenta la presenza della sei corde, con una ritmica avvolgente ed ossessiva, accompagnata da una grande prestazione alla batteria: una canzone che non ci si leva dalla testa facilmente! “Believe” è forse soltanto bellina, ma con “Angel Of Mercy” capiamo subito che il punto forte di questo album saranno probabilmente le ballad, o quei pezzi comunque dotati di melodie più melanconiche e passionali. Sui solchi del grande “Book Of Shadow” sostano di fatto brani come quello appena citato, con uno Zakk che non si fa mancare un grammo di sentimento nell’interpretarle, arricchite da grandissimi assoli e da più che buone parti vocali. I successivi attacchi frontali “Heart Of Darkness” e “Beyond The Down”, con le loro chitarre fischianti e gli armonici in pinch, ci mostrano il volto più recente del buon Zakk, ma è ancora una volta una canzone lenta, “Scars” a riportare l’album su livelli molto più alti. Anche la chiusura del disco è caratterizzata da quest’alternanza: a un pezzo solitamente grintoso e prettamente metal segue prontamente un mid tempo bastardo e venato di blues, che viene poi portato a conclusione da un lento pezzo emozionale. Seguendo questa struttura, l’album risulta ben bilanciato e non annoia mai; e se anche Zakk ogni tanto pare esagerare con i suoi cazzo di fischi vibrati sul nono tasto, la fantasia e soprattutto l’attitudine del Nostro sono ancora quelle vincenti. Che altro dirvi? Il signor Wylde è tornato, e come sempre le sue carte forti sono la genuinità e la pura passione per quello che scrive. Un artista vero, insomma, da sempre in grado di dire qualcosa su di sé ai propri fan, sia attraverso le corde di una chitarra ma anche tramite i tasti di un piano, o con la semplice voce.