6.5
- Band: BLACK MAJESTY
- Durata: 00:58:48
- Disponibile dal: 06/06/2025
- Etichetta:
- Scarlet Records
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Se potessimo dare un ipotetico ‘premio alla perseveranza’, gli australiani Black Majesty sarebbero sicuramente in lizza per ottenerlo arrivando al primo posto di una improbabile classifica. La band australiana capitanata dagli inossidabili John Cavaliere al microfono e Hanny Mohammed alla chitarra non ha mai smesso, nel corso di questi vent’anni di carriera, di provare a ritagliarsi il proprio posto nella scena power metal internazionale, pur proponendo una formula da sempre vicina ai ben più noti epigoni del vecchio continente come Gamma Ray, Rhapsody Of Fire e via discorrendo.
“Oceans Of Black”, comunque, non segna solo l’ottava tappa in studio per la band, ma anche il passaggio alla Scarlet Records dopo tanti anni con la Pride & Joy Records, nonché la fine della storica collaborazione con Roland Grapow per la produzione del disco – stavolta affidata a Ricardo Borges, solitamente dietro al mixer di lavori più estremi come quelli di Ihsahn o dei nostrani Gory Blister.
Ne consegue che questo lavoro risulti leggermente più cupo, ma anche più rifinito: la doppietta iniziale, composta da “Dragon Lord” e “Set Stone Of Fire”, ci porta subito in un mondo fatato e pieno di intrighi in pieno stile “Il Trono di Spade”, mentre più si va avanti più ci si avvicina agli Helloween con brani come “Raven”, dove le idee sui cori trovano una loro interessante compiutezza.
Certo, la doppia cassa di alcuni episodi (come “Lucifer”) rischia dopo un po’ di annoiare, e in generale il disco non è sempre fresco o del tutto a fuoco, ma, tutto sommato, ci troviamo di fronte a un lavoro più che dignitoso, con alcuni episodi, come la title-track, comunque accattivanti; purtroppo, però, si ha spesso e volentieri l’impressione di trovarsi di fronte ad alcuni riempitivi (“Hold On” o “Hell Racer”), che, basati sempre su un quattro quarti forsennato, potranno piacere giusto a chi è ancora affezionato al power anni Novanta, lasciando l’impressione che manchi quel qualcosa in grado di permettere a Cavaliere e soci di svettare davvero nel panorama metal moderno.
I pezzi più interessanti del lotto si trovano comunque alla fine: dalla rockeggiante “Here We Go”, passando per la stratovariusiana “Astral Voyager” e chiudendo con la cavalcata di “Ghost In The Darkness”.
In conclusione, “Oceans Of Black” non rappresenta un deciso cambio di passo per gli australiani, ma ha il pregio di far galleggiare il tutto sempre nei territori del ‘disco piacevole da ascoltare’ senza troppi fronzoli. Il merito è probabilmente del produttore e dell’etichetta che hanno saputo affiancare ai Black Majesty dei professionisti anche diversi da quelli con cui lavorano di solito: a questo punto è lecito chiedersi che impatto avrà questo cambiamento nel futuro.