BLACK MONOLITH – Passenger

Pubblicato il 03/06/2014 da
voto
8.0
  • Band: BLACK MONOLITH
  • Durata: 00:40:13
  • Disponibile dal: 29/04/2014
  • Etichetta:
  • All Black Recording Company

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Sono due i motivi per cui questo disco va tenuto sotto strettissima osservazione: in primo luogo perché parliamo del debutto folgorante di una band che semplicemente spacca di brutto, e il secondo perché è la prima release in assoluto licenziata dalla All Black Recording Company, la label appena lanciata da George Clarke, il cantante degli ormai planetari Deafheaven, la quale, visto il successo mondiale della band del suo proprietario, è una label che va inevitabilmente tenuta d’occhio. Come appena accennato ”Passenger” è anche il debutto di questa band, i Black Monolith dalla San Francisco Bay Area, una one man-band assemblata praticamente nella sua camera da letto da un certo Gary Bettencourt, polistrumentista di Oakland che per un periodo di tempo limitato ha anche militato nei Deafheaven stessi, anche se non si capisce bene con esattezza quando. Gli ascoltatori attenti e che hanno un orecchio sempre teso all’aunderground black metal e punk avranno notato anche una release precedente licenziata da Bettencourt, ovvero un demo stupefacente di tre tracce (e per certi versi contenente anche dei momenti a tutti gli effetti superiori a “Passenger”) pubblicato in maniera indipendente su Bandcamp che aveva da subito mostrato il carattere e la valenza di un progetto, che ne siamo certi, è destinato a fare grandi cose. La musica dei Black Monolith è tanto semplice quanto essenziale, ma talmente ben assemblata e pregna di personalità da stare su un pianeta tutto suo mostrando strabilianti tratti di unicità allo stesso tempo. Parliamo di un blackened crust sferzante, drammatico e incompromissorio che come una scissione di microbi sembra essersi divisa dalla cellula madre dei Deafheaven per avventurarsi in un territorio tutto suo e fiorire sotto altre spoglie, diventando un essere tutto nuovo, diverso e “altro” dal suo luogo di origine. Dei Deafheaven riconosciamo nei Black Monolith la propensione a creare un hardcore metal celestino, introverso, arioso e dai tratti pensierosi: screamo e shoegaze che si intersecano con vaste vallate black metal e imponenti catene montuose post-rock/hardcore. Ma come appena accennato, lo stile dei Deafheaven è solo la necessaria origine del progetto che lascia l’inevitabile residuo nella musica dei Black Monolith. Il corpo del progetto sviluppatosi successivamente pero’, ha fattezze quasi aliene dalla band di Geroge Clarke e Kerry McCoy. Nel caso dei Black Monolith infatti siamo più nel campo delle nefaste, apocalittiche e belligeranti vicissitudini d-beat e (neo)crust dei Tragedy, dei From Ashes Rise, dei Planks e dei Vestiges. Certo la conclusiva “Eris” è una imponente sintesi di post-rock, trame indie, e shoegaze, ma è solo la fine del viaggio, e solo allora, dopo che Bettencourt vi avrà straziato le membra con cinque vaste staffilate precedenti di blackened neocrust apocalittico, che sentirete realmente la presenza originatrice dei Deafheaven nel sound Black Monolith, ormai però solo un ricordo lontano. Tutto quello che c’è prima è pura sintesi e distillazione di belligerante e incompromissoria furia punk unita a lacerante strazio black metal. Cinque tracce di rabbioso e insaziabile crustcore impestato dalla furia e la negatività del black metal e sbucato come un demone da una notte surreale priva di stelle, da un buio ferale e ancestrale che ha saputo unire sotto lo stesso tetto sia i Wolves in the Throne Room che i Tragedy, sia i Drudkh che gli His Hero Is Gone, che gli Iskra con gli Altar of Plagues, così come gli Unkind, i Burzum e gli Amebix con gli Skitsystem. Parliamo di un disco atroce, efferato e totalmente votato alla notte e all’oscurità, ma non privo di speranza e redenzione, qualità queste che aprono ampissimi squarci per mood contagiosi e uno squisito gusto per la melodia. Parliamo di una creatura notturna dunque, in cui punk e black metal si fondono in una alchimia surreale e pregevole moltiplicandosi nell’estrema, e stupenda, conseguenza ultima degli stessi. Il progetto è ancora giovane, e si ha la percezione che il lavoro in questione non sia eterogeneo nella qualità e che certi momenti isolati oscurino altri momenti non completamente trionfanti. Inoltre come già accennato, il demo precedente, contiene ancora i momenti più elevati della sin’ora brevissima carriera di Bettencourt, ma non si può non plaudire a questa release come ad un qualcosa che sembra essere un precedente pauroso, l’inizio di una carriera folgorante.

TRACKLIST

  1. Intro/Void
  2. Dead Hand
  3. Adhere
  4. Victims & Hangmen
  5. Gold Watch
  6. Eris
1 commento
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