7.5
- Band: BLACK OATH
- Durata: 00:44:50
- Disponibile dal: 20/04/2022
- Etichetta:
- Sun & Moon
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È un’aura gotica e misteriosa sempre più pressante, quella che avvolge i Black Oath, ideale spartiacque tra il dark/horror prog settantiano, il gothic rock e il doom classico ottantiano. Se con le prime prove, pur nelle molte sfaccettature già presenti, veniva più immediato collocare la band lombarda tra gli epigoni di Solitude Aeturnus e Candlemass, col tempo gli accostamenti si sono fatti sempre meno immediati. Merito della ricchezza di contenuti, delle atmosfere, del girovagare subdolo della musica scritta dalla formazione. Ed è così che “Emeth Truth And Death” va a inserirsi in questo quadro generale proseguendo nella vena del predecessore, “Behold The Abyss”, ossia andando ad esplorare con eleganza, gusto decadente e mille sospiri atmosfere plumbee e ricercate, gotiche in un senso nobile, alto. Un’ossessione per le cose mortuarie che non vuole cadere nel morboso, piuttosto decantarle con un moderato distacco e molto garbo. Un’immersione negli inferi affrontata con passo felpato, dove al centro ci sono nuovamente uno stile chitarristico inconfondibile e un apparato di voci ancora più ricco del solito. A partire proprio da “Behold The Abyss” i Black Oath hanno gradualmente messo da parte gli andamenti tambureggianti e incalzanti, per lasciarsi andare a midtempo articolati e rallentamenti trasognati, fuori dal tempo, nei quali far confluire un estro melodico che guarda ora con sempre più insistenza a una spettrale malinconia. L’intrecciarsi dolente e dimesso delle chitarre va di pari passo al cantato di A. Th, esile, sinistro, sempre pulito e distaccato; la funzione di Io narrante della voce è molto marcata, con alcune variazioni a insanguinare la tela, come le screaming vocals di “Serpent Of Balaam”, oppure ad adagiare su di noi una fredda carezza (le voci femminile durante “Shroud Of The Afterlife”).
Sinuose ed elusive le canzoni di “Emeth Truth And Death”, solo sporadicamente accelerano e ci vengono incontro con modi diretti: si predilige più di frequente un dipanarsi carico di tensione e velatamente ermetico. Recitati da brividi, velature dark, frequenti incisi rendono ogni traccia un piccolo romanzo orrorifico in musica, decantato per non rivelarsi compiutamente a primi ascolti, cercando invece di suggestionare nel profondo. Brani come “Truth And Death” e “Death Haze” si prendono i loro tempi, rifluendo quasi con ridondanza, nessuna fretta, stringendoci tra le loro spire impercettibilmente.
Il suono complessivo, vero, organico, tumultuoso senza esagerare, affonda le radici nel metal ottantiano e nei suoi albori settantiani, impregnandosi di tutto ciò che odora di tenebra e oltretomba. Vi sono echi di qualcosa di arcano, di un orrore strisciante che esita a manifestarsi, nella musica dei Black Oath, una sensazione oggi ancora più forte che nei primi dischi. Merito anche di uno scorrimento ritmico che esce dai contorni del metal, ci pone davanti a escursioni verso una tetra cerimonialità, a tempi ampi e poco invadenti che portano quasi al raccoglimento. Un altro centro, per A.th e i musicisti che lo accompagnano, per quella che è una delle cult-band moderne del nostro underground. Se non l’avete ancora fatto, è il momento di scoprirli.