7.5
- Band: BLACK OATH
- Durata: 00:51:02
- Disponibile dal: 15/06/2013
- Etichetta:
- I Hate Records
- Distributore: Masterpiece
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Attivi dal 2006, i lombardi Black Oath con il secondo lavoro “Ov Qliphoth And Darkness” riescono finalmente a mettere il naso fuori dall’underground più profondo, grazie all’interessamento della I Hate e della Horror Music che hanno stampato il lavoro rispettivamente nelle versioni CD e vinile. Ci ricordavamo della band come di un discreto ensemble di doom metal piuttosto tradizionale, legato alla scuola dei Candlemass ma senza dimenticare qualche spunto proveniente da altre latitudini; ebbene, oggi li ritroviamo alle prese con la stessa proposta musicale, arricchita però dal grandissimo patrimonio rappresentato dal dark italiano. Attenzione però, “Ov Qliphoth And Darkness” rimane un lavoro legato a doppio filo con l’heavy doom: i rimandi al dark, più che trarre le proprie scaturigini da Jacula, Antonius Rex e compagnia bella, nascono dal probabile amore dei ragazzi per una band fantastica quale i Black Hole. Le atmosfere epicheggianti infatti vengono stemperate da forti dosi di cupe melodie e da un afflato marcatamente ottantiano, che permette ai Nostri di essere anche piuttosto personali all’interno di una scena che ha sempre meno voglia di prendere dei rischi. Il trio quindi riesce a colpire nel segno e – con l’aiuto di alcuni ospiti di tutto rispetto – sforna un platter convincente, dimostrando che vi sono ancora decisi spazi di manovra anche all’interno delle sonorità più classiche. Passando ai brani, “Witch Night Curse” è un ottimo esempio di dark doom metallizzato, dove Sebastian Ramstedt (ex Necrophobic) contribuisce alla causa con parti chitarristiche piuttosto raffinate e dove l’organo di Jan punteggia con efficacia il lavoro della band. Bene anche la successiva “Drakon, Its Shadow Upon Us”, mid tempo classico e roccioso che chiama in causa anche gli Iced Earth più cupi ed oscuri (quelli di “Burnt Offerings” per intenderci). Andy Panigada dei Bulldozer presta la sua sei corde in “Scent Of A Burning Witch”, donando al riffing una struttura pesante e minacciosa. Tutto il lavoro però funziona piuttosto bene, compresa la title track che si tuffa in abissi limacciosi e mortiferi, a cavallo tra il traditional doom ed i Reverend Bizarre. Ben fatto quindi per i Black Oath, che con questo nuovo lavoro si pongono all’attenzione generale come una delle realtà doom tricolore più promettenti.