6.5
- Band: BLACK RAGE
- Durata: 00:46:09
- Disponibile dal: 23/12/2013
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I Black Rage sono un nuovo e giovane gruppo attivo da qualche tempo a Monza. Arrivano al debutto con “Silent Scream”, cimentandosi in un filone musicale che è passato di moda da molto tempo ma che è sempre oggetto di attenzione da parte degli appassionati: il death metal melodico di stampo svedese. Come ogni band all’esordio, questo “Silent Scream” ha pregi (idee, realizzazioni) e difetti (inesperienza, ripetizioni), ma è un album che si lascia ascoltare e che in alcuni tratti trasuda quelle atmosfere, quelle melodie dai refrain duri che tanto abbiamo amato all’epoca in cui Dark Tranquillity e In Flames dominavano la scena. Qualche rapida descrizione dei brani. “Black Rage” apre il disco e si segnala subito come summa della loro musica: ottimi stacchi melodici, struttura portante che deborda quando arriva la doppia cassa, riffing imperioso ma troppo prolungato (e quindi a tratti monotono), e voce cavernosa, forse troppo – ma questa è faccenda sicuramente demandata al “De Gustibus” di turno. La title-track confema l’impressione della prima canzone: c’è molto ritmo nelle canzoni dei Black Rage, molta forza costruita attorno ad una batteria che spinge sempre sull’acceleratore (ma che dovrebbe suonare più varia sulla lunga distanza) e su un riffing di chitarra dal suono molto pulito su cui arrivano ora gli assoli ora i break melodici tipici del genere. Canzone migliore del lotto, a nostro giudizio, è “Dead Man Walking”, un brano lungo ma ben costruito con un’alternanza di parti dal vario sapore. Dall’acustico di alcuni passaggi alla fervida elettricità di altri, passando per alcune parti di voce pulita (belle!) che potrebbero schiudere orizzonti importanti per il futuro, la composizione è il vero biglietto da visita dei Black Rage. Alla fine della fiera, l’album si ascolta e presenta i difetti dell’inesperienza, quella che porta cinque giovani a voler dimostrare di avere tutte le carte in regola, di saper scrivere quindi canzoni dure anche se il riffing è troppo lungo e ripetuto, di saper arrangiare con le scale anche queste fin troppo prolungate, di non voler concedere nulla sul piano del ritmo anche se questo vuol dire picchiare come un ossesso dall’inizio alla fine del brano. Però questi peccati di inesperienza, veniali, messi sulla bilancia non intaccano il giudizio finale più di tanto: la bilancia infatti pende verso la sufficienza piena, considerata la qualità dei brani e dei refrain melodici, sempre azzeccati, come da regola numero 1 del genere. Depurato di alcune parti, o snellito se preferite, questo lavoro avrebbe preso mezzo punto in più. Dategli fiducia.