8.5
- Band: BLACK SABBATH
- Durata: 00:42:48
- Disponibile dal: 28/07/1975
- Etichetta:
- Vertigo
- Distributore: Warner Bros
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Ci sono aneddoti ricorrenti nella storia delle grandi band degli anni Settanta, e uno di questi è legato all’incapacità di riuscire a gestire il proprio patrimonio economico frutto del successo rapido e immediato. Prendiamo l’esempio dei Black Sabbath: dopo una prima fase passata con il manager Jim Simpson, Ozzy e compagni si affidano completamente a Patrick Meehan, figura molto più importante, ma allo stesso tempo troppo furba per un manipolo di ragazzi di Aston. Immaginate la situazione: quattro ragazzi, condannati alla meglio a fare gli operai a vita nell’industria siderurgica, cresciuti con quattro soldi, si ritrovano improvvisamente a viaggiare su delle Rolls Royce. Ogni desiderio veniva semplicemente esaudito, bastava una telefonata a Meehan. Perchè mai avrebbero dovuto preoccuparsi di chi gestiva i conti correnti?
Fatto sta che, una volta incrinatosi il rapporto con Meehan, i Black Sabbath si ritrovano invischiati in un’infinita disputa legale, tra citazioni in giudizio, avvocati e mandati di comparizione. E i soldi? Quelli sono spariti ed è solo grazie al loro nuovo manager, Don Arden (il padre di Sharon) se i Black Sabbath possono rimettersi in pista e dedicarsi al loro sesto album in studio. Non stupisce, dunque, la scelta del gruppo di intitolare il nuovo disco “Sabotage”, sabotaggio, o di vedere in scaletta canzoni come “The Writ” (termine legale che indica l’ordine di comparizione davanti ad un giudice). Fortunatamente, anche se purtroppo non sarà così a lungo, la band è ancora unita e ansiosa di portare avanti la propria evoluzione musicale. Tony Iommi, per la prima volta anche in veste di produttore, è un vulcano di idee, sperimenta soluzioni e strumenti, talvolta andando oltre le sue effettive capacità esecutive: come racconta nella sua biografia, in più di un’occasione, con meravigliosa ingenuità, si è ritrovato ad acquistare strumenti classici, come un violino o un’arpa, pensando di riuscire a suonarli direttamente e finendo, comprensibilmente, a chiamare dei professionisti per un risultato finale decente. “Sabotage” estremizza l’evoluzione di “Sabbath Bloody Sabbath”, esplorando aree inedite per i quattro di Birmingham.
Il risultato è un disco sperimentale, in cui tutto viene portato all’eccesso: dai momenti più heavy e pesanti, fino a quelli più insoliti e particolari. Abbiamo ad esempio la diretta e travolgente “Hole In The Sky”, posta saggiamente in apertura come un pugno nello stomaco; la mastodontica “Megalomania” che, fedele al suo nome, si muove nella sua mania di grandezza tra passaggi psichedelici ed altri più graffianti; per non parlare di “Symptom Of The Universe”, capolavoro indiscusso dell’album nonché tra i vertici dell’intera produzione sabbathiana: aperta da un riff assassino che apre la strada ad intere legioni di band metal, si dipana tra accelerazioni mozzafiato, una batteria impazzita e un finale di classe assoluta con quella chitarra shuffle semplicemente perfetta. Sempre nell’ambito della sperimentazione non possiamo non citare “Supertzar”, maestosa composizione strumentale scritta da Iommi con l’ausilio di un mellotron e tradotta in studio da un intero coro (il London Philharmonic Choir); oppure “Am I Going Insane (Radio)”, episodio curioso in cui a farla da padrone è il sintetizzatore per un brano che sembra uscito dalla penna dei Pink Floyd di “The Piper At The Gates Of Dawn” e che ci consegna un Ozzy semplicemente perfetto nella sua interpretazione un po’ folle. Piccola parentesi sul cantante: per tutto l’album Ozzy spinge le sue corde vocali al limite delle sue capacità, dando un’impronta quasi ‘stridula’ a diverse canzoni; non a caso, capolavori anche amatissimi come “Symptom Of The Universe” finiranno per sparire presto dalle setlist del gruppo, proprio per l’impossibilità del cantante di riprodurle in maniera accettabile in un contesto live.
Difficile dare un giudizio ad un album come “Sabotage”: sia critica che pubblico si sono divisi in maniera netta, tra coloro che lo considerano l’ultimo grande capolavoro della formazione classica e che, invece, intravede già le prime crepe profonde rispetto alla perfezione dei cinque album precedenti. Chi vi scrive propende più per la prima ipotesi, nonostante il livello non sia pari all’eccellenza espressa fino a questo momento. Quel che è certo è che “Sabotage” rappresenta un punto di non ritorno. Da questo momento in poi, la storia dei Black Sabbath non sarà più la stessa.