6.5
- Band: BLACK SABBATH
- Durata: 00:54:18
- Disponibile dal: 20/01/2016
- Etichetta:
- BS Productions
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In questi giorni in cui i media sono pieni si dichiarazioni e smentite da parte dei Black Sabbath sulla loro intenzione di registrare o meno un nuovo disco in studio dopo la fine del tour di addio, la formazione inglese si presenta all’improvviso con questo “The End”, EP contenente quattro inediti in studio scartati dalle session del precedente “13”, più altrettanti brani live tratti da diverse date tenute tra il 2013 ed il 2014. Va detto che, almeno per il momento, “The End” non sarà reperibile nei negozi di dischi, i Sabbath infatti hanno deciso di vendere l’EP solamente alle date live del loro tour appena iniziato. Il primo pezzo risponde al nome di “Season Of The Dead”, oltre sette minuti in cui Ozzy e compagni ci propongono un classico mid tempo con riff metallici che sembrano scandire una marcia, le cui linee vocali sono semplici, ma possiedono una melodia ben definita che entra subito in testa. All’ascolto il brano non si distingue in modo particolare, se non per il buon drumming di Brad Wilk, mentre il ritornello non brilla di luce propria. “Cry All Night” è la canzone più riuscita del disco, e la domanda sul perché non sia stata inclusa su “13” sorge spontanea: il ritmo è più incalzante rispetto al pezzo precedente, il songwriting si rifà sempre ai vecchi Black Sabbath degli anni Settanta, ma la produzione dona alla musica un tocco di freschezza. Anche in questo caso le partiture si rivelano abbastanza semplici, ma il tiro del pezzo non si discute. Nella parte centrale del brano Ozzy canta in modo quasi struggente, mentre il fido compare Tony Iommi macina riff oscuri ed infernali come da tradizione. Con “Take Me Home” siamo di fronte all’episodio più corto di questo “The End”, la tonalità delle vocals è più alta e come stile siamo a metà tra i brani di “13” ed il sound di un disco come “Sabbath Bloody Sabbath”. Anche in questo caso, “Take Me Home” non avrebbe per nulla sfigurato sull’ultimo full length dei Sabbath. L’ultimo pezzo in studio, “Isolated Man” è probabilmente il più anonimo dei quattro, le chitarre rocciose di Iommi sorreggono le registrazioni a doppia voce di un Ozzy che qui non decolla mai. Questo è un filler bell’e buono, giustamente escluso da “13”, che non verrà certo ricordato negli anni. I successivi quattro pezzi live segnano evidenti sbalzi di produzione e volumi, segno evidente che in studio non sono stati fatti grandi lavori di pulizia e bilanciamento dei suoni. Su “God Is Dead?” le stonature di mr. Osbourne sono evidenti e quasi fastidiose, le chitarre invece sovrastano voce e batteria su “Under The Sun”. La canzone dal vivo meglio registrata conclude il disco, “Age Of Reason” si lascia ascoltare grazie volumi oculati che ci permettono di sentire bene tutti gli strumenti. Sicuramente questo “The End” non è un capitolo memorabile nella carriera dei Black Sabbath, ma ad oggi potrebbe essere davvero l’ultima tornata di inediti della formazione di Birmingham, per cui un certo senso di tristezza e nostalgia lo suscita.