8.5
- Band: BLACK SABBATH
- Durata: 00:39:15
- Disponibile dal: 20/08/1990
- Etichetta:
- I.R.S. Records
- Distributore: EMI MUSIC
Spotify:
Apple Music:
“Headless Cross” ha portato finalmente un po’ di serenità nella carriera travagliata dei Black Sabbath. Da una parte il merito è dell’intesa con Tony Martin che, dopo un’odissea di continui cambi al microfono, sembra essere la persona giusta per i nuovi Black Sabbath. Altro dettaglio tutt’altro che trascurabile, finalmente le vendite dell’album tornano ad assestarsi su livelli più che discreti, portando liquidità nelle casse un po’ asciutte di Tony Iommi e soci. Infine c’è il tema della formazione che, innegabilmente, è una delle più solide dell’intera carriera della band: un batterista tra i migliori sulla piazza come Cozy Powell, il neo-arrivato Neil Murray (ex Whitesnake) al basso, Tony Martin sempre più a suo agio nel ruolo di frontman; l’instancabile Geoff Nicholls alle tastiere e, ovviamente, Tony Iommi. Certo, per il momento la band deve ancora tenere un profilo basso, suonando in posti più piccoli rispetto al passato, senza grandi produzioni e tornando alla vecchia vita on the road fatta di tour bus e chilometri di strada; tuttavia quando i Black Sabbath si rimettono in studio per registrare il nuovo album, l’atmosfera è certamente più distesa.
Lo stile di Iommi, sempre più epico e maestoso, riporta le nuove composizioni su territori che richiamano i Black Sabbath con Ronnie James Dio: discostandosi, dunque, dalle tematiche sulfuree di “Headless Cross”, questa volta i testi di Tony Martin virano verso la mitologia nordica. In realtà “Tyr”, che prende il nome dal dio norreno della guerra, non è esattamente un concept album: saranno solo tre i brani strettamente collegati tra loro, ma l’atmosfera che si respira è quella.
L’epica dei Black Sabbath non è quella fiabesca della narrativa fantasy, bensì quella sporca e oscura del medioevo e secoli bui. L’album si apre in maniera eccellente con “Anno Mundi (The Vision)”, composizione maestosa e regale, che dà lezioni di classe a molte formazioni epic. Ancora una volta l’intero pantheon dell’heavy metal deve chinarsi di fronte al Riff Master per eccellenza. Si prosegue con una bordata di energia pura, guidata dalla terremotante batteria di Cozy Powell come “Law Maker”, mentre “Jerusalem” ci regala ancora emozioni provenienti dal passato, con grandi cori e una splendida performance di Tony Martin. Impossibile non citare anche il trittico dedicato agli dèi del Nord: prima “The Battle Of Tyr”, una breve introduzione di tastiere; poi l’acustica “Odin’s Court”, con le sue tinte folk; fino ad arrivare alla potentissima “Valhalla”, un gioiello perfettamente cesellato che ancora oggi non teme molti rivali. Leggermente sotto tono la ballad “Feels Good To Me”, un po’ stucchevole e troppo ancorata agli stilemi degli anni Ottanta, così come anche “Heaven In Black”, un buon pezzo che però non riesce a tenere il passo con il resto dell’album. Il vero capolavoro, però, è “The Sabbath Stones”, splendido esempio della migliore scrittura di Iommi, capace di dosare passaggi delicati ed atmosferici e momenti di mostruosa pesantezza, il tutto avvolto in un alone di imponente solennità.
Con “Tyr”, dunque, i Black Sabbath firmano un altro grande album, che non raggiunge l’apice di “Headless Cross” per un soffio. Se l’album precedente, infatti, può vantare un set di canzoni ancora più solido, l’atmosfera di “Tyr” rappresenta una interessante variante nella discografia dei Sabbath.