6.5
- Band: BLACK SOUL HORDE
- Durata: 00:35:03
- Disponibile dal: 14/12/2020
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Dalla Grecia arrivano i Black Soul Horde con il loro secondo album. A distanza di sette anni dal debutto “Tales Of The Ancient Ones”, opera prima con suono granitico ma acerbo e cantato heavy abbastanza roco e ruvido, il trio ellenico si è scrollato di dosso una produzione artigianale: in questo nuovo lavoro i suoni sono più puliti e il timbro del cantante si è portato di più sul filone della NWOBHM, con note più siderali ma non ancora sublimi.
“Land Of Demise” è composto da otto tracce della durata media di cinque minuti, che condensano la volontà del gruppo di tornare agli anni ’80, visti i numerosi rimandi musicali, dai Judas Priest ai primi Iron Maiden, passando dai libri di ispirazione medievale, dove anima, sangue e morte si uniscono e tutto si fonde alla perfezione nell’artwork del CD (la falce mietitrice in mano alla morte a cavallo).
Come già anticipato, il cantante Jim Kotsis ha impostato tutte le tracce su livelli molto alti, risultando però alla lunga monotono, dato che non ci troviamo di fronte né a Rob Halford né a Bruce Dickinson. Partire a tutta ma poi non modulare la voce durante le tracce rende l’ascolto più apatico, non spinge a cantare assieme i pochi ritornelli e quindi rende fredde le sensazioni di ascolto. Di contro però, per fortuna, questo disco ha il pregio di avere tutti gli inizi delle canzoni veramente accattivanti, continue staffilate che fanno drizzare le antenne all’ascoltatore. La parte musicale è il fiore all’occhiello di questi giovani greci, dalla batteria che piazza un colpo dopo l’altro fissandoti al muro, alla chitarra che introduce motivi sonori molto corali. Si può dire che John Tsiakopoulos al basso e Vasilis Nanos come batterista di turno, che compongono la parte ritmica, sono molto affiatati e il risultato è un muro sonoro granitico che Costas Papaspyrou alla chitarra completa con riff e assoli sullo stile degli Iced Earth (“Vengeance Is Mine” è sempre un bel riferimento per molti musicisti e anche qui si sente la sua influenza) e Cirith Ungol. In ogni pezzo si attende lo svolgimento che vede il primo minuto in pompa magna, con batteria-basso-chitarra a riempire ogni spazio e ad accompagnarci in epiche cavalcate, per poi aspettare dopo il cantato freddo il ritorno della chitarra, punta di diamante del suono dei Black Soul Horde. Andando avanti con l’ascolto, ci si accorge che i brani sono troppo simili tra di loro, con sovraregistrazioni di battaglie e dialoghi, e difficilmente ne rimarrà uno incollato addosso, proprio per il loro anonimo incedere. Si stacca dalla media “Soulships”, per un passaggio cantato in scream, che cambia le carte in tavola in tutto l’ascolto del lavoro del terzetto ellenico; si tratta però di un passaggio, che si perde nell’opera completa.
A parte quindi le belle parti iniziali, che predispongono al meglio l’ascoltatore, portandolo nel classico metal fatto di passaggi di batteria che spingono all’esaltazione e di assoli che invogliano all’emulazione tutti i chitarristi in erba, questo album rimane incompleto, dato che la sensazione è quella di una miccia che si accende e non fa esplodere nulla. Sicuramente la crescita c’è e si sente ma “Land Of Demise” è un’opera ad uso e consumo di coloro che vogliono scoprire le declinazioni dell’heavy metal in giro per il mondo.