7.0
- Band: BLACK TUSK
- Durata: 00:34:05
- Disponibile dal: 25/10/2011
- Etichetta:
- Relapse Records
- Distributore: Masterpiece
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Dopo un lavoro bello e ad alto tasso adrenalinico come “Taste The Sin” e dopo essersi fatti le ossa con una serie consistente di date live, i Black Tusk tornano a colpire l’ascoltatore con l’uscita del nuovo “Set The Dial”, sempre patrocinato dalla Relapse. L’attività on the road ha inciso in maniera sensibile sulle capacità esecutive del terzetto di Savannah, che nella sua ultima fatica inserisce strutture leggermente più complesse rispetto a quanto fatto in passato, pur riuscendo a mantenere integri l’impatto e la foga quasi punkeggiante delle varie composizioni. Introdotti dall’ennesima ottima copertina dell’amico John Baizley e dal breve strumentale dal nemmeno troppo vago flavour thrashy intitolato “Brewing The Storm”, Andrew Fidler e compagnia ci vomitano subito in faccia il loro sludge multiforma che passa con una certa facilità da momenti di esaltante classicità quali “Bring Me Darkness” e “Set The Dial To Your Doom” ad altri più complessi e vicini allo sludge progressivo e groovy come nel caso dell’ottima “Mass Devotion”, che deve più di qualcosa ai concittadini Kylesa. I ragazzi si concedono anche il lusso di cercare di riattualizzare ed appesantire la lezione della NWOBHM, segnatamente degli Iron Maiden, senza però brillare particolarmente. Se infatti “Growing Horns” gode di un ottimo riffing sostenuto da una solida struttura in mid upper tempo, “Ender Of All” è invece fin troppo lunga e semplice per riuscire a colpire realmente nel segno. Il brano migliore però è “Carved In Stone”, dove viene recuperata appieno l’urgenza del passato e le chitarre punkeggianti sono saldamente in primo piano. Anche il chorus è decisamente riuscito, per quanto sia praticamente il più ruffiano dell’intera carriera della band. Detto anche di un altro paio di episodi non memorabili posti in chiusura del lavoro, va segnalata l’indubbia abilità del trio a stelle e striscie di trattare materie musicali differenti riconducendole tutte allo sludge entro i cui confini sono nati e cresciuti. “Set The Dial” quindi è da considerarsi il lavoro più maturo ed evoluto dei Black Tusk, ma non il più riuscito, dato che il suo predecessore rimane più coeso e trascinante. Però i ragazzi hanno dimostrato di avere in mano delle carte interessanti che in futuro potranno cercare di giocare con maggiore intelligenza e consapevolezza. Continuate a tenerli d’occhio.