7.0
- Band: BLACK VEIL BRIDES
- Durata: 00:43:52
- Disponibile dal: 31/10/2014
- Etichetta:
- Lava Records
- Distributore: Universal
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Piccoli Avenged Sevenfold crescono. Con le dovute proporzioni, la carriera dei Black Veil Brides sembra fin qui ricalcare in toto quella degli A7X: dal debutto in ‘in sordina’ con un sound ancora acerbo-core (“We Stitch These Wounds”), alla svolta commerciale del secondo album (“Set The World On Fire”), fino alla consacrazione con il disco della maturità (“Wretched and Divine: The Story of the Wild Ones”), magniloquente nella sua epicità, e ormai definitivamente sbilanciato verso l’hard-rock. Se a ciò aggiungiamo un quarto full-length auto-intitolato e decisamente più diretto del suo predecessore, ecco completato un gioco delle analogie che, vista la piega non proprio felice – tanto dal punto di vista personale quanto da quello musicale – intrapresa da Mr. Shadows e soci, speriamo si fermi qui. Tornando al disco, riposti violini e tastiere in soffitta, i Nostri partono subito a mille con “Heart On Fire”, opener inflazionata a partire dal titolo – qualche defender particolarmente coraggioso, se mai fosse arrivate a leggere fino a qui, ricorderà l’omonima canzone degli Hammerfall -, ma comunque efficace come primo singolo, rappresentando l’anima più ‘anthemica’ del platter, sulla falsariga dei Trivium di “The Crusade”. Lo stesso stile caratterizza pezzi come “World Of Sacrifice”, “Last Rites” o “Drag Me To The Grave”, mentre l’anima più epica dei Nostri, parente stretta degli A7X di metà carriera, trova sfogo nel secondo singolo,”Goodbye Agony”, e nelle tracce più articolate come “Faithless”, “Walk Away” e “Crown Of Thorns”. Se a tutto ciò aggiungiamo lo zampino di quel vecchio volpone di Bob Rock in cabina di regia, ecco spiegata la genesi di un disco che, pur senza l’effetto sorpresa e la freschezza del suo predecessore, riesce a confermare i Black Veil Brides nell’empireo delle band ‘modern vintage’. Un piccolo passo indietro ma, come ormai avete capito chi prima di loro, anche i nuovi Tokyo Hotel – come li ha affettuosamente soprannominati la comunità metallica -, cadono in piedi.