6.5
- Band: BLACKSTREAM
- Durata: 00:15:54
- Disponibile dal: 07/07/2020
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Affascinati da tutto ciò che di osceno e perverso possa esserci nel mondo, i Blackstream sono un duo che guarda a forme musicali sbeffeggianti finezze e abbellimenti. Nati sul finire del 2005 per suonare black metal rozzo e primordiale, ben presto si addentrano in reami ancor più sconci e depravati, portandosi a quelle commistioni con noise, ambient e industrial, che hanno fatto la fortuna underground di realtà mitizzate come Havohej, i Beherit nella fase più sperimentale di carriera, Mz412. La band esce con questo demo dopo una pausa di ben dieci anni e non pare che nel frattempo le idee sonore siano cambiate di molto. Semmai, si sono radicalizzate, portando a un demo che potrebbe provenire da qualche oscuro stanzino sporco e maleodorante del sottobosco black metal/noise di primi anni ’90. La produzione ostentatamente lo-fi distanzia l’operato del duo dagli esperimenti in materia black metal degli anni 2000, qua si guarda a contaminazioni fra black metal e materia ‘altra’ cercando la corruzione, la sporcizia, la cacofonia insistita e impenetrabile.
Nonostante la breve durata, circa un quarto d’ora, ogni brano prende una sua piega stilistica e concettuale, dandoci un quadro d’insieme piuttosto frammentario, con alti e bassi non di poco conto, ingenerante globalmente genuini sentimenti di malessere. L’apertura di “Digital Megiddo” schizza pazzia omicida tramite un bolo inestricabile di rumori, drum-machine marcissima, voci gutturali vomitate in agghiaccianti impeti psicotici, alimentando una sensazione di sfacelo e decomposizione; in “Demons Of The Mind” il discorso prosegue esacerbando ritmi e convulsioni, il black metal è cannibalizzato dal noise e le frequenze impazzite di macchinari ingovernabili prendono definitivamente il posto di qualsiasi componente umana. L’idea di avere una registrazione molto confusa eccede forse le necessità espressive, l’ascolto è francamente arduo ma, crediamo, ciò faccia parte del gioco e il senso di sgomento e disturbo provato, una logica conseguenza delle intenzioni del duo.
Personalmente preferiamo l’ambient da chiesa satanica di “Lilith’s Realm Stream Is Black”, che si muove su coordinate diametralmente opposte: musica d’atmosfera, coadiuvata nel suo avvolgente afflato sinistro da campionamenti vocali ad effetto, smozzicati, fantasmatici, che arrivano addosso a ciclica intermittenza, senza concretizzarsi pienamente per quello che potrebbero essere. Intrigante l’aura di mistero evocata in questa traccia. In “Lord Pestilence” l’ambient pulsa in una desolazione cimiteriale, questa volta sporcato da un gorgogliare che sa di ultime frasi urlate al mondo, prima di una morte atroce. È una traccia minimale, scheletrica, il noise-ambient ridotto a un moncherino, ma che ha con sé gli attributi giusti per creare ansia e disagio. I Blackstream sono effettivamente dei discreti profeti di perversione e insanità mentale, per passare a un livello successivo dovranno ora puntare in una direzione precisa, affinando quel che basta la forma, per rendere il loro messaggio più potente e deflagrante, mettendo meglio in comunicazione impeto black metal e le contaminazioni noise/ambient.