7.5
- Band: BLACKSWORD
- Durata: 00:49:29
- Disponibile dal: 30/07/2021
- Etichetta:
- No Remorse Records
Spotify:
Apple Music:
Un logo più che standard, una copertina altrettanto ordinaria. Ingredienti che, associati al genere offerto, avevano palesato qualche riserva preventiva nei confronti del qui presente “Alive Again”, secondo lavoro dei Blacksword, band proveniente dalla madre Russia e dedita, per par condicio, ad un heavy sfumato di power dalle tinte a stelle e strisce, giusto per evitare sul nascere una possibile ‘guerra fredda’ in chiave sonora. E’ stato quindi con un filo (errato) di scetticismo che ci siamo approcciati ad un album partorito da un gruppo che, fondato nel 2005 dal bassista Ivan ‘Viking’ Sukov con intenti thrash/death, e con un altro monicker (Stormbringer), ha cambiato faccia cinque anni più tardi, scegliendo lidi leggermente più leggeri e di conseguenza un nuovo nome. Risultato? L’esordio del 2010 targato “The Sword Accurst” ed una serie di cambi di line-up che hanno impedito di dare un seguito a quanto prodotto. Il problema fondamentale di una certa stabilità di formazione riguardava in particolar modo la sezione vocale: diversi cambi in corsa, infatti, hanno continuamente posticipato la release del secondo album. La scelta infine è caduta sul greco Mike Livas, già protagonista nel recente e valido “Empire Of Sins” dei Silent Winter e, nel nostro caso, autore di una prestazione assolutamente sopra la righe, in grado di alzare l’asticella della qualità, comunque già buona, dell’intera tracklist.
Scendendo nei dettagli di “Alive Again”, la proposta dei Blacksword è una miscela di heavy classico in cui, a sprazzi, entrano in gioco elementi di diversa natura: l’intro alla Slayer di “Cave Of The Witch” (avete detto “South Of Heaven”?), passaggi prog, quasi lounge, o addirittura episodi strumentali, confermano le doti artistiche dei singoli protagonisti, abili a personalizzare (vedasi “Barbarian Born”), evitando filler, ogni singolo brano, sul quale è l’ugola dello stesso Livas, in modalità Geoff Tate, a fare il bello e cattivo tempo, raggiungendo vette inarrivabili. Un po’ Jag Panzer, un po’ Cloven Hoof, con tassi d’epicità che non oltrepassano mai il grado cavalleresco, preferendo lidi più granitici e rocciosi, come dimostrato dalla trascinante “Long Lost Days”. Un disco in grado di colpire l’ascoltatore proprio per la sua continua versatilità e, ripetiamo, per la prova degli interpreti tra le quali, menzione di diritto, quella del mastermind Ivan.
Non sempre sostenuto da una produzione impeccabile, con alcuni impasti qua e là, in aggiunta ad una troppa pulizia generale, “Alive Again” raccoglie un minutaggio non indifferente, con una media di oltre cinque minuti a pezzo: lungaggine che non va tuttavia ad inficiare sulla buona riuscita di un album che trova nella sua titletrack la vena più power ed eroica di una band brava ad attendere il giusto momento, ed il giusto cantante per uscire sul mercato. Mettete da parte i pregiudizi artistici e ponetevi in ascolto di “Alive Again”, una botta fresca di heavy/power direttamente dalla terra siberiana.