5.5
- Band: BLAZE BAYLEY
- Durata: 00:48:00
- Disponibile dal:
- Etichetta:
- Blaze Bayley Recordings
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Ammettiamolo, vogliamo bene a Blaze Bayley; vogliamo bene al signor Malaussene del metal, al caprio espiatorio di altrui peccati. Blaze rappresenta l’imprevidibilità della vita, la sfortuna e gli ostacoli che quotidianamente ci vengo posti davanti, rappresenta altresì la caparbietà, la forza e la passione per la musica. Ammettiamo anche che Blaze Bayley ci fa tenerezza, è il nostro lato sfortunato, il Paolino Paperino del rock pesante, l’antieroe al quale va tutto storto e per il quale finiamo immancabilmente per tifare. Blaze fu la passione passeggera di un amareggiato Steve Harris, fu sedotto ed abbandonato, ritrovandosi dal cantare nei pub inglesi al farsi fotografare per i più famosi magazine musicali del globo terracqueo, leader della più grande metal band di sempre, viaggiando per il mondo e riempiendo gli stadi. Ora canta nei peggiori bar di Caracas. Blaze ha attraversato diverse sventure che non possono non averlo segnato a livello artistico ed umano (ricordiamo la perdita della moglie, sua manager oltre che compagna di vita). Il cantante inglese ha dovuto affrontare problemi di salute ed economici che hanno minato non poco la sua carriera ed il suo spirito (non ultima il suo arrendersi alla calvizie, rasandosi completamente a zero). Ora torna con questo progetto a suo nome, portando avanti la sua musica in modo indipendente, circondandosi di volta in volta da musicisti differenti, trovando economicamente insostenibile il dover mantenere stabilmente una band. Omaggiando in modo sentito tutte le persone che l’hanno sempre seguito e supportato, considerate da lui i veri “King Of Metal”, il leader dei Wolfsbane ci propone un metal di stampo classico, caparbiamente portato avanti dal singer in modo coerente e professionale, inserendo (come ci ha ormai abituato) elementi moderni atti a rendere la sua proposta più fresca e competitiva. Suoni attuali, ottima produzione (nei nostrani Fear Studio di Ravenna) e brani che sembra siano stati pensati esclusivamente per essere cantati dal pubblico in sede live, costituiscono l’ossatura principale di questo lavoro, sulla quale si intrecciano vene e capillari che portano influenze diverse e vitali e muscoli che sono rappresentati dalla stentorea voce del “nostro” Blaze e da una sezione ritmica instancabile propulsore di canzoni semplici e dirette, colonna sonora ideale per un birra tra amici. L’ex Maiden mostra in questo album tutte le sfumature della sua ottima voce, interpretando con sentito trasporto ogni parola che canta, ma questo non basta a risollevare un album che risulta il più debole della sua discografia solista. Circondato da ottimi musicisti italiani, il nostro metallico suddito della regina non riesce a far decollare questo lavoro (ogni riferimento alle capacità di pilota di Bruce Dickinson sono puramente casuali) in cui linee vocali scontate e monotone, brani spesso troppo lunghi e ripetitivi e la mancanza di veri e propri highlight minano la longevità di questo disco, destinato ad essere riposto ben poche volte nel vano CD del nostro esigente lettore. Citiamo la bella ballata pianistica “One More Step”, in cui Blaze interpreta in modo davvero splendido il testo del brano, e la bella “Dimebag”, dove la voce maschia e rotonda del nostro “x-factor” risuona potente nei nostri padiglioni auricolari, ben supportata da un ottimo lavoro di chitarre. Tracce troppo “elementari” e prevedibili, in cui il maledetto schema che sembra aver imparato dal peggiore Steve Harris (arpeggio di chitarra, parte lenta e “soft” che poi esplode in una cavalcata metallica che si concluderà con il riprendere in chiusura il tema che aveva aperto il brano), viene perpetrato senza sosta per l’intera durata del disco, dove la snervante attesa del ritornello che ci colpisca (e che non arriverà mai) ci lascia davvero amareggiati. Concludendo, non possiamo non constatare che questo lavoro ci abbia sicuramente delusi. Blaze non ha mai scritto capolavori, ma si è sempre comportato da sincero “operaio del metal”, producendo in modo instancabile e coerente dei lavori di buona fattura; ma, pur tifando per lui ed apprezzando in modo assolutamente sincero la sua devozione per la musica e l’affetto che ci dimostra in un feedback continuo e rigenerante, dobbiamo ammettere che questa volta ha mancato l’obbiettivo. Da ascoltare, quanto meno per rispetto (e non è detto che non possa piacervi).