7.5
- Band: BLAZE BAYLEY
- Durata: 01:02:00
- Disponibile dal: 07/07/2008
Spotify:
Apple Music:
Non sappiamo quanto ci sia di autobiografico nel titolo di questo album, ma l’idea che Blaze Bayley dà di sé stesso è proprio questa: un uomo che non vorrebbe morire, quantomeno dal punto di vista artistico. Il singer inglese dimostra con questa release di avere talento da vendere, ma soprattutto di possedere un carattere combattivo e deciso, pronto a rialzarsi dopo qualsiasi evento negativo; in effetti negli ultimi anni il buon Bayley non se l’è passata proprio bene: dopo l’allontanamento dai Maiden e le relative pesanti critiche di fans e stampa specializzata, è giunto lo split collettivo della sua precedente band. Eventi che avrebbero abbattuto un bisonte, ma che non hanno scalfito minimamente la vena artistica del nostro Blaze; infatti gli album realizzati nel periodo post-Maiden non hanno nulla da invidiare a quelli presentati da tanti illustri colleghi: lavori di sicuro valore, certamente non dei capolavori, ma senza ombra di dubbio release caratterizzate da un buon heavy metal, salvo essere scartate a priori forse proprio a causa di quell’esperienza negativa targata Iron Maiden che ha segnato per sempre la carriera del singer inglese, il quale ha spesso pagato colpe non sue. Ora, a quattro anni di distanza dal buon “Blood And Belief”, eccolo ritornare sul mercato discografico con alle spalle una band nuova di zecca e di tutto rispetto, ma soprattutto con il suo miglior lavoro di sempre: “The Man Who Would Not Die” infatti rappresenta a nostro avviso una perla di assoluto valore nella discografia del singer di Birmingham. L’inizio è al fulmicotone, con la title-track seguita dall’ottima “Blackmailer” a dettare le coordinate stilistiche su cui viaggerà quasi interamente la release; due pezzi che ricordano il sound del periodo Iron Maiden, opportunamente elaborato e condito da riff veloci e al tempo stesso potenti. Si prosegue su questa falsa riga variando leggermente la proposta a favore di song ora più immediate (“Samurai”), ora più dirette e veloci (“Robot”), oppure più elaborate come “Smile Back At Death” e “Voices From The Past”. C’è anche spazio per una semi-ballad di grande valore come “At The End Of The Day”, ma già con la successiva “Waiting For My Life To Begin” si torna a correre secondo il registro imposto dalla release; difficile trovare un brano al di sopra degli altri, questo è un album che ci regala oltre un’ora di grande heavy metal, che si apprezza di ascolto in ascolto. Complimenti a Blaze Bayley, che senza ombra di dubbio è the man who would not die.