7.0
- Band: BLAZON STONE
- Durata: 00:54:37
- Disponibile dal: 26/04/2019
- Etichetta:
- Stormspell Records
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Ah beh ma Black Hand…no! Sembra “Black Hand Inn” dei Running Wild, ma non lo è! Ancora una volta il buon Cederick Forsberg, attivo come sempre in una marea di progetti diversi, ha voluto porre un ennesimo omaggio alla leggenda di capitan Rolf Kasparek, con il quinto album in studio della sua creatura di stampo più piratesco.
Diciamocelo: qualsiasi lavoro a nome Blazon Stone, al momento di inserire il disco nel lettore, riesce a risultare tanto gradevole quanto eccessivamente derivativo sotto tutti i punti di vista, dal momento che non si tratta solo di un fattore musicale e/o stilistico, ma anche a livello visivo e tematico; al punto tale che ogni album sembra essere il diretto discendente di uno dei capolavori immortali ad opera di Rock’n Rolf e compagni. In questo caso, il nostro amico biondino svedese ha puntato su quella perla che è ancora oggi il sopracitato settimo lavoro in studio dei Running Wild, il cui meraviglioso songwriting è stato nuovamente preso come punto di riferimento per la produzione di qualcosa di teoricamente inedito. L’intera tracklist, anche piuttosto lunga, trasuda nuovamente odore di vecchio capolavoro di metal teutonico scimmiottato ad arte, senza però avere la stessa potenza e lo stesso piglio che, per forza di cose, contraddistingueva quella che molti considerano ancora oggi una delle migliori uscite ad opera della band in questione: le linee melodiche, il guitar work, le suddivisioni ritmiche, la struttura stessa dei brani e, come se non bastasse, la voce di Erik Forsberg, che non è il fratello di Cederick, risulta quanto di più simile ci si potesse aspettare all’opera di riferimento.
Tutto questo, però, fino a che punto si può considerare un male? Volendo essere sinceri, non siamo in grado di affermarlo con certezza, anche perché il disco appare tutto fuorché disprezzabile, anzi! Sinceramente, malgrado le nostre razionalizzazioni, ci siamo ritrovati, in ben più di una fase, ad agitare i capelli e ad alzare spada e bottiglia di rum al cielo come dei veri pirati intenti a commemorare un’impresa epica appena portata a termine con successo. Il punto debole della tracklist, infatti, equivale anche a quello più forte: la scopiazzatura stilistica è riuscita talmente bene da risultare maledettamente piacevole e coinvolgente per tutti gli estimatori dei pirati dell’heavy metal per antonomasia, quali noi siamo. Ci sono sicuramente alcuni passaggi meno esaltanti di altri, ma, se siete disposti a chiudere entrambi gli occhi sul discorso legato al palese citazionismo di quest’album, troverete senz’altro di che godere come ricci (di mare); anche se conveniamo che si sarebbe potuto tranquillamente tagliare almeno un quarto d’ora dalla durata complessiva.
C’è stato chi, forse con una punta di supponenza, ha affermato che, se gli attuali Running Wild avessero confezionato un prodotto così nel 2019, tutti i loro fan sarebbero letteralmente esplosi dall’esaltazione, urlando quasi al miracolo, nonostante l’indiscutibile qualità del recente “Rapid Foray”. Purtroppo, però, questi non sono i Running Wild e mai lo saranno, ma è anche vero che la scena metal contemporanea ci ha insegnato più volte a vedere il bicchiere mezzo pieno; perciò, invitiamo tutti a fare un bel respiro e mettere da parte qualsivoglia perplessità, poiché, in mancanza d’altro, queste produzioni nostalgiche non fanno assolutamente male.