6.0
- Band: BLEEDING GODS
- Durata: 00:59:20
- Disponibile dal: 12/01/2018
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Eracle per i greci, Ercole per i romani: il risultato è il medesimo. Eroe, semidio, un personaggio così importante e meritevole che, al termine dei suoi giorni, lo stesso Zeus portò con sè agli onori del monte Olimpo. Di lui, oltre all’indomabile prestanza fisica, si ricorda l’astuzia, la furbizia ma anche un senso di nobiltà d’animo che gli permise di portare a termine autentiche prove di forza definite impossibili dagli uomini di quel tempo (mitologico ovviamente). Imprese ardue come le celeberrime ‘dodici fatiche’: una serie di scontri animaleschi affrontate con successo grazie alle doti sopra citate. Un’impresa che hanno tentato di superare gli stessi Bleeding Gods con il presente “Dodekathlon”, secondo full-length della loro carriera intrapresa sei anni or sono. E come è andata? Bleeding Gods emuli di Ercole? In parte. Se da un lato la band olandese è riuscita nell’intento di replicare in musica la maestosità e l’epicità delle dodici sfide mitologiche, anche grazie al prezioso innesto di Martin Powell, già tastierista dei My Dying Bride e Cradle Of Filth, dall’altro, come già verificatosi nel debutto targato “Shepherd Of Souls”, una certa monotonia nella proposta si è palesata in più di un pezzo. Assodata, infatti, la difficoltà nel costruire un concept album, proprio per i vincoli legati alla vicenda che si vuole raccontare, il tasso orchestrale di nuova introduzione ha fatto sì breccia nelle parti più oscure delle composizioni senza tuttavia trasmettere una varietà sostanziale d’insieme anzi, i toni hanno teso a stabilizzarsi sulla medesima linea melodica già espressa in precedenti passaggi. Quanto appena scritto lo troviamo già nel brano di apertura, una “Bloodguilt” che, dopo una prima parte più tirata e cruda, prende una via più ‘sinfonica’ su cui il growl di Mark Huisman si diletta a narrare le gesta dell’eroe ellenico. Atmosfere che prendono ancor più piede nella successiva “Multiple Decapitation” dove gli intrecci tastieristici vengono scorticati da improvvisi stacchi più rabbiosi e crudi, lasciando che la matrice primordiale del combo olandese prevalga su quella più moderna. La formula adottata sin qui si ripete anche in “Beloved Artemis”, seppur a parti invertite: la furia iniziale si ammorbidisce con il passare dei minuti salvo tornare in auge nelle battute finali del pezzo. Un alternarsi di ritmo che ben rispecchia l’andamento emozionale provato dallo stesso Ercole nel corso delle fatiche affrontate, ma che alla lunga, rischia di affondare in un turbinio sonoro già sentito, come nel caso di “From Feast To Beast” e “Inhuman Humiliation”. Si estranea da questo andirivieni “Birds Of Hate”, costellata da riff più vicini al thrash con l’ugola di Huisman che tracima parole eguagliando ‘sua graniticità’ Chuck Billy. Il marchio epico, attorniato dalle canoniche ripartenze più malvagie, torna nuovamente a farsi sentire nella morbosa “Savior Of Crete” ma è “Tyrannical Blood” a staccarsi totalmente dalla struttura stilistica dell’intero concept: un malinconico sentiero acustico viene prima accompagnato da una base tastieristica quindi ulteriormente valorizzato dalla chitarra elettrica, mentre lo stesso singer racconta in lingua greca la preparazione di Ercole all’ennesima sfida. Una pausa riflessiva che anticipa la martellante “Seeds of Distrust” che, manco a dirlo, ricalca il canovaccio compositivo incontrato sin dalle prime note dell’album. Una caratteristica che, purtroppo, accompagnerà l’ascoltatore anche negli ultimi tre brani, con “Hera’s Orchard” che si fa preferire rispetto a “Tripled Anger” e alla conclusiva “Hound Of Hell”, se non altro per un tentativo di varietà rispetto all’impianto sonoro principale. Cosa aggiungere? A dispetto di una cover davvero meritevole e di una produzione altrettanto perfetta, made in Nuclear Blast, le dodici fatiche intraprese dai Bleeding Gods vengono superate con qualche difficoltà, e non certo per quella strabordante potenza d’insieme dimostrata dal mito chiamato Ercole. Olandesi da rivedere, o meglio, riascoltare in futuro.