7.0
- Band: BLEEDING ZERO
- Durata: 00:58:40
- Disponibile dal: 14/01/2022
- Etichetta:
- Revalve Records
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Non è detto che un disco per funzionare debba necessariamente brillare per originalità e non possa invece guardare in qualche modo al passato: “Pain And Fiction” è un album che s’inserisce in un solco ben preciso del metal sinfonico, unendo un approccio operistico con qualche piccola venatura folk che potrebbe ricordare i primi Nightwish, i cori imponenti e le atmosfere gothic dei Tristania, le melodie dei Within Temptation, la teatralità dei Sirenia e così via. Insomma, i Bleeding Zero non sembrano voler puntare a voler apparire originali a tutti i costi, quanto piuttosto ad inserirsi in uno stile alquanto preciso e delineato, per giungere in maniera più diretta ed immediata ad una determinata fetta di pubblico, con la conseguenza che la loro proposta musicale possa essere anche più facile da inquadrare rapidamente (cosa che non è per nulla detto essere negativa per una band agli esordi).
Principale artefice e fondatrice del progetto è la cantante Rachele ‘Olympia’ Manfredi, vocal coach (che presumiamo amante del ‘bel canto’), la quale inserisce nelle proprie composizioni dosi massicce di orchestrazioni e cori imponenti. Il risultato è una serie di tracce che uniscono riff potenti e una sezione ritmica decisa ad elementi di musica classica, con una grande cura e attenzione per gli arrangiamenti e una certa varietà di mood e atmosfere. Certo, va anche detto che qualche momento indugia un po’ su ritmi quadrati e lenti, che finiscono per fare calare un po’ l’attenzione, però in linea di massima nella tracklist spiccano, tra gli altri, brani come “Terra Nova”, “Life And Death Of Sybil Vane”, “Parnassus”, “Bliss Of The Sea”, “Scenophiliac” (già presente nel loro primo eponimo EP del 2015), “Saturnine”, per non parlare di un brano come “Romanticynicism”, che sembra unire la teatralità dei Deathless Legacy con il gothic anni ’90 e persino con qualche venatura neoclassica.
Sicuramente si nota come dietro a ciascun brano ci sia tanto lavoro: del resto, questo primo album giunge a ben tredici anni dalla formazione del gruppo, quindi c’è stato sicuramente il tempo per concentrarsi su un’attenta cura per i dettagli. Quest’aspetto possibilmente ha sacrificato in qualche misura la freschezza e la spontaneità delle composizioni, senza per questo però far perdere loro la capacità di emozionare. Certo, va anche detto che il genere proposto è parecchio inflazionato e probabilmente per poter emergere rischia di non essere sufficiente per i Bleeding Zero questo traguardo del primo album: la band ha tuttavia dimostrato passione e tanta tenacia, perciò siamo convinti che ora più che mai potrà giocarsi le proprie carte, magari ritagliandosi un proprio spazio, soprattutto tra gli estimatori del metal sinfonico.