6.5
- Band: BLINDEATH
- Durata: 00:32:20
- Disponibile dal: 27/10/2014
- Etichetta:
- Earthquake Terror Noise
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Tramite Earthquake Terror Noise, etichetta di recente nascita votata a suoni violenti e tradizionali, i milanesi Blindeath esordiscono sulla lunga distanza con un platter all’insegna del thrash metal diretto, caustico e senza fronzoli come si usava negli eighties. Il revival thrashofilo a quanto pare non conosce crisi, almeno sul piano della quantità di uscite. Per la qualità, il discorso è diverso. In negativo. Il thrash metal, in rapporto inversamente proporzionale alla mole di pubblicazioni mensili, non riesce a proporre nuove leve di alto livello con accettabile prolificità, al contrario di quanto sta accadendo ad esempio nel death metal. La quasi totalità delle compagini odierne ha un’idea semplicistica e poco sviluppata delle sonorità regnanti durante il lustro di platino ’85-’90, e a questo discorso non sfuggono, purtroppo, nemmeno i Blindeath. I quali, però, si salvano da una sonora bocciatura con una tigna invidiabile, rimanendoci appiccicati alle orecchie non tanto per un songwriting di pregiata fattura o prestazioni dei singoli degne di nota, quanto per la testarda convinzione con cui caricano a testa bassa, come un toro infilzato dalle banderillas, sputando in faccia percussioni indiavolate, stacchi mosh chiassosi, cori ignoranti e cascate di solo velocissimi ed esteticamente inappuntabili. Se i primi ascolti lasciano l’amaro in bocca, proprio perché i ragazzi suonano un po’ elementari e generici, nel senso che non si riesce a trovargli un attributo minimamente differente dalla concorrenza, quando si lascia fermentare “Into The Slaughter” ci si accorge che, se si vedono nell’ottica della party band alla Municipal Waste, i Blindeath hanno qualche carta da giocare. La bravura risiede principalmente nell’accostare ritmiche tese Metallica-style e una certa propensione a metterla in gazzarra, fatto che a seconda delle canzoni porta a uno scorrazzare ubriaco alla Tankard, oppure alle contusioni da skate-park di The Accused e D.R.I., per finire con le divertite invettive anthraxiane dell’era Belladonna. Una relativa leggerezza nei toni porta ad un’agilità di manovra abbastanza marcata, vi sono spesso piccole divagazioni punkeggianti e classic metal a punteggiare le ritmiche e a fornire boccate d’aria fresca nella serrata manovra del gruppo. Quando si entra nella modalià “headbanging senza un domani”, trovando nel basso un ottimo alleato per alzare il livello del groove in circolo, si perviene ai risultati migliori: l’attacco di “Murdered By The Beast” crea parecchio scompiglio, dando il via a una rapace sarabanda di cambi di tempo e scintillanti battaglie solistiche, mentre la sguaiatezza del mid-tempo di “Moshing Maniax” provocherà contusioni a ogni osso conosciuto fra i partecipanti alle prossime mischie sotto il palco. E’ riuscita bene anche la collaborazione con un nome storico del metal tricolore qual è GL Perotti: in “Rebels Die Hard” le sue vocals grasse e bofonchianti duettano benissimo con la voce di Gioele Zoppellaro, e assieme i due singer portano avanti un bombardamento che ci porta in pieni anni ’90, all’età dello splendore di Pantera e Machine Head. Salutato con un’alzata di boccali l’omaggio al crossover di “Welcome To the Thrash Party”, apprezziamo infine il tentativo di affrontare con “Feast Of Blood” un discorso più articolato e con qualche piccola sfiziosità strumentale. Il pezzo segue un canovaccio US metal imbastardito da violente accelerazioni thrash, con uno schema d’azione che rimanda ai primi Testament. Pur avendo apprezzato l’operato del quartetto, riteniamo che il prossimo passo debba – sperabilmente – portare i Blindeath a esser meno dritti e univoci nella proposta, perchè all’esordio alcuni limiti possono essere accettati, ma al secondo album nei medesimi solchi si finirebbe tranquillamente nella lunga lista dei carneadi.