8.0
- Band: BLOOD ABSCISSION
- Durata: 00:41:16
- Disponibile dal: 11/04/2025
- Etichetta:
- Debemur Morti
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Risiedono nel più totale anonimato questi Blood Abscission, tanto che veniamo solo ora a conoscenza del progetto, tramite la sempre munifica Debemur Morti, dopo che già un primo lavoro era uscito due anni fa praticamente senza uno straccio di promozione.
Anonimato, dicevamo, perché non c’è modo di capire da dove vengano né chi siano: niente social network, niente foto, niente interviste, niente di niente.
Diciamolo: un atteggiamento del genere, nel 2025, se privo di una solidità artistica a supportare tali vezzi di ‘trveness’, lascerebbe un po’ il tempo che trova; ma invece constatiamo che, per fortuna, di sostanza qui ce n’è, e anche in abbondanza.
Questo “I I” (seguito di – indovinate un po’, “I”) è un album di black metal ispirato e pieno di una musicalità truce, glaciale, tendente alla creazione di una vivida atmosfera, non senza una allure sinfonica che permea l’intero lavoro, capace di richiamare tanto suggestioni di matrice tradizionale di scuola anni ’90, quanto vicissitudini più recenti, sulla base di nomi che possono spaziare dai White Ward (per restare in casa Debemur Morti) a progetti quali Cult Of Fire, The Hauntologist, Mgla, ma anche reminiscenze quali i Wolves In The Throne Room nelle sortite più ‘paesaggistiche’ – ci si passi il termine – senza tradire però, nelle ispirazioni melodiche, i richiami di band scandinave anni ’90 (Dissection, ma anche Emperor), e non facendosi nemmeno mancare incursioni post rock ben travestite da metal estremo, sparse in vari punti del disco.
Il risultato, al di là dei nomi citati, ci ha colpito non poco: le cinque canzoni (per poco più di quaranta minuti) sono avvincenti, passano da momenti di rabbiosa espressività ad un’elegiaca tristezza ribollente, passando anche per sonorità meno usuali nel black (“I V”, col suo incedere marziale, da intro ben riuscita).
Ed è proprio qui, forse, dove il gruppo ci ha conquistato: con un suo sobbollire vulcanico e iracondo, come se una cappa autoimposta andasse a ricoprire anche i momenti più cauti quanto quelli più feroci, con un manto di suono dalle tinte indefinibili, che cerca a tutti i costi di contenere un’espressività sempre pronta a deflagrare oltre il limite consentito. Un limite autoimposto, che serve proprio ad esaltare, per contrasto, l’impetuosità tenuta a bada sempre ad un attimo dall’apocalisse.
Immagini che possiamo tradurre in chitarre acide e lo-fi, suonate però con capacità e gusto musicale nel riffing, non fungendo da tappeto ma creando vere e proprie trame, sorrette da una batteria molto imponente, che pure in una produzione volutamente scarna va fungere da cuore pulsante, violenta e vibrante. La costruzione dei brani alterna velocità a rallentamenti, crea dinamica, con passaggi ipnotici e ripartenze aspre.
Una prova martellante, senza però scordare l’importanza di un’agghiacciante verve melodica, sorretta da una voce straziante, tenuta piuttosto bassa nel mix, per dare ancora più un senso di totale comunanza d’intenti tra il risultato finale dei vari strumenti. Parlavamo di paesaggi, di colori, e sebbene il suono dei Blood Abscission sembri disperdersi sotto una coltre di rarefatta nebbia, sembra impossibile non percepire delle pennellate infernali, balugini di rosso a fare da contralto ad una desolazione abissale tremendamente evocativa e dall’incedere mortifero.
Inutile descrivere i singoli brani: “II”, complice anche la durata esigua, riesce ad essere effettivo e convincente nel suo insieme e sin dal primo ascolto, ma è nel suo modo di crescere che diventa un grande lavoro, strisciando all’interno del nostro cervello, lavorando su di un genere ben codificato in una maniera intelligente e fresca, capace di farci rimanere di stucco quando il lettore si ferma alla fine di “V”. Da recuperare, senza dubbio.