8.0
- Band: BLOOD COMMAND
- Durata: 00:36:20
- Disponibile dal: 29/09/2023
- Etichetta:
- Hassle Records
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Breve riassunto delle puntati precedenti: i Blood Command sono un quintetto norvegese-australiano che si definisce ‘deathpop hardcore punk’, ma non immaginatevi qualcosa di simile ai Blind Channel o altri gruppi più o meno simili ai Bring Me The Horizon. In attività dal 2008, i Nostri affondano infatti le proprie radici nell’hardcore più stradaiolo, e non è un caso che nonostante le venti tracce in scaletta “World Domination” non superi di moltissimo la mezz’ora di durata.
Nello specifico più della metà della tracklist si aggira intorno al minuto di durata, e se in molti casi si tratta di bordate old school hc (“Heven’s Hate”, “Valley Of Hinnom”, “Stay Awake”), mai come stavolta i cinque flexano i muscoli ritmici al di fuori dalla zona di comfort, spaziando dalla techno (“Welcome Next Level Human”) al gangsta rap (“Burn Again”) con una naturalezza e stilosità degna dei migliori Turnstile.
Nella restante metà della scaletta, ovvero dove la durata dei pezzi si aggira sui canonici tre minuti, sembra invece quasi di sentire un’altra band all’opera: se “The Band With Three Stripes”, “Forever Soldier Of Esther” e “The Plague On Both Your Houses” sono canzoni power violence con una matrice punk e dei ritornelli degni dei migliori Star Fucking Hipster, con “Decades” e la title-track si entra in zona Paramore, con Nikki Blum – alla seconda prova dietro il microfono dopo “Praise Armageddonism” dell’anno scorso e già candidata a testimonial Adidas – che mostra le sue qualità vocali anche sul pulito, trovando definitiva consacrazione nella ballata acustica “Losing Faith”.
Certamente il melting pot proposto potrebbe risultare eccessivo per qualcuno – e l’obiezione che abbiano buttato nell’album di tutto, compresi frammenti di canzoni non troppo sviluppati, non è probabilmente del tutto priva di fondamento – ma per quanto ci riguarda l’hardcore non è mai stato così trendy, e a al netto di qualche passaggio buono più che altro a far salire il contachilometri (le tiratissime “Hate Us Cause They Ain’t Us” e “Holy Unblack”, il rilassamento muscolare di “Tetragram”) ce n’è quanto basta per far esplodere il palco dei centri sociali tanto quanto dell’Eurovision, in attesa un giorno di avere una capsule collection Adidas come i Korn.