7.0
- Band: BLOOD MONOLITH
- Durata: 00:27:42
- Disponibile dal: 16/05/2025
- Etichetta:
- Profound Lore
Nome sempre più di spicco dell’underground estremo americano, visto il suo coinvolgimento in realtà rispettatissime come Ulthar, Thanatotherion, Human Corpse Abuse e – soprattutto – Nails, il cantante/chitarrista Shelby Lermo certifica l’esuberanza e l’esplosività della sua penna con i Blood Monolith, progetto che, completato da Tommy Wall (Undeath, chitarra), Nolan (Genocide Pact, basso) e Aidan Angelo (Deliriant Nerve, batteria), lo vede dipingere una sorta di quadro surrealista a base di death metal ‘ad ampio raggio’ e scorie hardcore/grind.
Un suono che l’artwork di Nick Blinko, leader degli storici anarcho-punk britannici Rudimentary Peni, introduce nel migliore dei modi ai sensi dell’ascoltatore, e che il quartetto – il quale potrebbe anche essere visto come una piccola ‘all star band’, vista l’esperienza dei musicisti chiamati in causa – interpreta assecondando una creatività febbrile da cui i riff e le idee sembrano scaturire in modo incessante, alimentati da una foga che (appunto) ha più di qualcosa da spartire con il mondo grindcore.
Un flusso tanto vorticoso e furente, quanto muscolare e percussivo, in cui Lermo e compagni, a mo’ di centrifuga, triturano e rimpastano una serie di spunti provenienti dalla grande stagione death metal degli anni Novanta, per poi tagliare il frutto dei loro sforzi con dell’acido lisergico e conferire all’insieme un carattere allucinato e apocalittico.
Brani abrasivi e densissimi che si attestano quasi tutti sui due/tre minuti di durata, a dimostrazione di un songwriting votato alla concisione, piuttosto che alla verbosità, nei quali è possibile scorgere sia il tipico impianto brutale di Suffocation e primi Cryptopsy/Cannibal Corpse, sia l’approccio tortuoso e frastagliato di alchimisti come Demilich e Morbid Angel (si senta il riff portante della conclusiva “Pyroklesis”, vero e proprio omaggio all’eredità di Trey Azagthoth), per un risultato complessivo dove il cambio di tempo e di tonalità – su velocità deraglianti – la fa da padrone.
Musica barbara, quindi, ma che richiede una certa dose di attenzione per essere assimilata a dovere, per quanto la brevità della tracklist e il ricorso a qualche affondo thrasheggiante (il quale potrebbe persino riportare alla mente certi Deicide) aiutino nella metabolizzazione.
A conti fatti, sebbene il focus delle ultime prove degli Ulthar non venga replicato da questo “The Calling of Fire”, anche qui il gusto e la personalità di Lermo non tardano a manifestarsi, dando l’impressione che in futuro, con un ulteriore lavoro di cesello sulle strutture, talvolta un po’ troppo eccessive e frenetiche, la band possa mettere a segno un colpo importante.
Resta comunque il fatto che quello immesso sul mercato da Profound Lore sia un esordio interessante; un disco che non cerca di sedurre il pubblico né attraverso un’immagine stereotipata e tradizionale, né calcando la mano su virtuosismi e sperimentazioni, ma suonando concreto, sporco e svincolato da buona parte delle logiche death metal contemporanee.
Se negli ultimi tempi avete seguito e apprezzato la carriera del musicista californiano, probabilmente, “The Calling…” non vi deluderà.