7.5
- Band: BLOOD RED THRONE
- Durata: 00:35:41
- Disponibile dal: 14/05/2013
- Etichetta:
- Sevared Records
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Dopo il test di “Brutalitarian Regime”, primo album ad essere stato composto senza l’apporto dello storico chitarrista Tchort, è di nuovo tempo di esami per i Blood Red Throne, che arrivano al settimo full-length con una lineup ancora più rinnovata, oggi orfana dello straordinario bassista Erlend Caspersen e del frontman Vald. Il chitarrista Død è oggi l’indiscusso leader della nuova formazione, la quale, intelligentemente, ha cercato di cementare il proprio affiatamento il più possibile prima di entrare in studio, andando in tour in Europa e USA e prendendo parte a diversi festival di prestigio. E questo “allenamento” ha dato buoni frutti: le aspettative, in verità, non erano molto alte nei riguardi di questo omonimo album, considerata appunto la rivoluzione in seno alla band, tuttavia si può dire che i death metaller norvegesi siano riusciti a fare quadrato, a far passare in secondo piano le dolorose defezioni e, al tempo stesso, ad esaltare i punti di forza rimasti. “Blood Red Throne” la butta sul fisico, sfoderando un approccio schietto e muscoloso con una frequenza assai maggiore rispetto a quanto avvenuto nei precedenti dischi. Il nuovo bassista Ole Bent Madsen non è chiaramente all’altezza di Caspersen, quindi il riffing di chitarra è diventato l’unico vero protagonista delle trame del quintetto, ma dobbiamo segnalare che anche le strutture siano state un pochino semplificate, mettendo al centro di numerosi pezzi dei chorus o dei riff altamente memorizzabili, che a tratti rimandano nello spirito al vecchio “Affiliated With The Suffering”, sinora l’album più diretto e ignorante della discografia. Non va infine sottovalutata la gamma di influenze introdotta dai nuovi membri: se le canzoni firmate da Død continuano ad odorare pesantemente di primi Gorguts e Cannibal Corpse, quelle di Ivan ‘Meathook’ Gujic paiono a volte modellate su un groove straripante che ricorda i vecchi Konkhra o persino certo thrash anni Novanta. Su tutto, comunque, campeggia la buona e a tratti più che notevole ispirazione complessivamente mantenuta dalla band, che si è presentata con dei brani fluidi, ficcanti e orecchiabili al punto giusto, riuscendo ad allontanare i timori di un potenziale crollo a livello di cura nel songwriting. Certo, “Blood Red Throne” non passerà alla storia per originalità e grandezza, nè ovviamente riuscirà ad affievolire il ricordo di un “Altered Genesis” o di un “Come Death”, ma è sicuramente un platter solido e divertente, che fornirà suggestioni affascinanti a tutti gli headbanger là fuori. Arrotondiamo lievemente il voto per eccesso per premiare l’impegno, la perseveranza e la voglia di tenere duro a dispetto delle continue avversità.