7.0
- Band: BLOOD RED THRONE
- Durata: 00:45:53
- Disponibile dal: 08/10/2021
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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I Blood Red Throne arrivano all’invidiabile e per certi versi insperato traguardo del decimo album dopo avere superato numerosissimi cambi di formazione e di etichetta. Tuttavia, il gruppo guidato da Daniel “Død“ Olaisen ha firmato addirittura per Nuclear Blast Records per la pubblicazione di questo nuovo “Imperial Congregation”, segno che da qualche parte i death metaller norvegesi hanno i loro estimatori, nonostante la loro carriera non abbia mai vissuto un vero e proprio momento di splendore, se si parla di popolarità fra il cosiddetto grande pubblico. Chissà, forse certi traguardi sono dietro l’angolo, vista la spinta che la nuova label potrà finalmente dare ai cinque di Kristiansand. Dal canto loro, Død e soci si ripresentano con un lavoro nel classico stile degli ultimi anni, la cui base death metal non smentisce influenze, ispirazioni e collusioni legate anche al groove metal anni Novanta e a sonorità di più facile presa. Sorretti dalla consueta produzione ben bilanciata, i norvegesi si destreggiano tra le asperità di una musica molto quadrata e concreta, dove trovano posto sia sporadiche velleità tecniche mutuate dalla nota ammirazione verso i primi Gorguts, sia cadenze altamente ignoranti, con riff grassi e saturi a occupare tutta la scena.
La band, insomma, si guarda bene dal giocare la carta di una trasformazione evolutiva, restando ben ancorata alla formula coniata e promossa con l’ultima manciata di dischi. C’è da ammettere che, per via di questo immobilismo su coordinate tutto muscoli che non autorizzano chissà quali variazioni e per un songwriting ormai di rado davvero sopra le righe, le opere dei Blood Red Throne stanno diventando pressoché intercambiabili, con solo lievi differenze a livello di suoni e di esecuzione strumentale a suggerire il trascorrere del tempo e a fare tornare in mente i suddetti cambi di line-up. Il gruppo procede imperterrito su uno schema ben preciso, senza distrazioni e ripensamenti, come un fabbro febbrilmente intento a battere il ferro su un’incudine. Album come “Altered Genesis” e “Come Death” avevano un’altra marcia in termini di ispirazione e ricchezza delle strutture, tuttavia va sottolineato come lo stile forgiato dalla formazione scandinava nella seconda parte di carriera sia oggettivamente quantomeno peculiare, nel suo porsi virtualmente a metà strada fra “Considered Dead” e “Far Beyond Driven”.
Nonostante la rabbia sia diventata qualcosa di diverso e abbia nel tempo mutato registro, i Blood Red Throne sembrano incapaci di realizzare un lavoro scadente: grazie a un lotto di singoli certamente gradevoli, anche “Imperial Congregation” si conferma infatti un album che farà sentire a casa quanti hanno seguito la scia lasciata da Død in tutti questi anni, con la speranza che presto si possa di nuovo avere modo di gustarsi il gruppo dal vivo, dimensione in cui da tempo dà il meglio.