7.5
- Band: BLOOD STAIN CHILD
- Durata: 00:49:12
- Disponibile dal: 01/07/2011
- Etichetta:
- Coroner Records
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Finalmente. Chi scrive, dopo aver letteralmente consumato “Mozaiq”, aspettava con ansia il ritorno dei nipponici Blood Stain Child, meglio noti come gli In Flames (o i Children Of Bodom o i Soilwork) con gli occhi mandorla e con DJ Tiesto (o Armin Van Buuren o gli Scooter) dietro la console. Ad aumentare la curiosità, il nuovo deal siglato con la nostrana Coroner Records, la produzione affidata ad Ettore Rigotti dei Disarmonia Mundi e i cambi di line up, che hanno visto uscire di scena il drummer Violator e il singer Sadew, rimpiazzati rispettivamente da Dani e dalla singer greca Sophia. Assaporato fino in fondo il momento di attesa – lo stesso che, da piccoli, si prova nello scartare la confezione di un regalo a Natale o, da grandi, nei primi minuti di un film porno, quando indossano ancora tutti vestiti – inseriamo il CD nel lettore e, pronti via, veniamo subito investiti dalla triggeratissima batteria di “Sirius VI”, opener ultra tamarra che ci introduce nel migliore dei modi nella galassia sonora dei Blood Stain Child. Con le successive “Forever Free” e “Stargazer”, prende sempre più forma l’incastro tra ritmiche modern metal e una base techno-trance, anche se, rispetto al recente passato, quest’ultima sembra prendere il sopravvento grazie al preponderante utilizzo delle clean vocals della nuova entrata Sofia rispetto alle harsh vocals del bassista Ryo: parlare di ‘ammorbidimento’ del sound per una band che non ha mai avuto molto di estremo sarebbe fuorviante, ma di sicuro quanto fatto sentire nel recente split Imaginary Flying Machine non è stato un caso isolato. Superato lo sconcerto iniziale, bisogna riconoscere che l’avvicendamento dietro al microfono, se pure ha tolto qualcosa in termini di tamarraggine, dall’altro ha sicuramente aggiunto in termini di personalità, rendendo la proposta del six-piece del Sol Levante sempre più particolare e portando a compimento un percorso di affrancamento dai classici stilemi melo-death, ben esemplificato da canzoni come “S.O.P.H.I.A.” e “Merry-Go-Round”, costruite sulle melodie zuccherine della graziosa cantante ellenica e su arrangiamenti più morbidi, per per non parlare di “Dedicated to Violator”, di fatto una canzone euro-trance, e della conclusiva “Sai-Ka-No”, ballata acustica avulsa da ogni contaminazione metallica. Se però, in previsione dell’uscita di “Epsilon”, avevate già provveduto ad accendere un mutuo per dotare la vostra Uno turbo del 1986 di un’autoradio con 12 diffusori surround e un impianto luci laser, non temete: spolverate la piantagione di Arbre magique, lucidate il doppio scarico, posizionate lo schienale in versione sedia a sdraio e sintonizzatevi sulle frequenze di “Stargazer”, “Eternal”, “Moon Light Wave”, “LA+” e “Royal Sky”, ovviamente spremendo fino all’ultimo i 250 Watt e 1100 cavalli durante l’ascolto. Chiuso il gas e la parentesi tamarreide, è tempo di tirare le somme: per chi scrive “Mozaiq” resta un paio di spanne sopra, ma “Epsilon” conferma e anzi rilancia le azioni dei Blood Stain Child come uno dei gruppi a cui affidare il futuro del metal più contaminato; sempre che, a forza di contaminazioni, di metal resti loro qualcosa.