6.5
- Band: BLOODFLOWERZ
- Durata: 55:13:00
- Disponibile dal: 26/05/2003
- Etichetta:
- Silverdust Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
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Con i tedeschi Bloodflowerz ci si addentra, senza nessuna possibilità d’errore, nell’intricata selva di produzioni gothic che, se non fossero valutate più che attentamente, rischierebbero di passare ai posteri assolutamente inosservate. D’accordo, “7 Benedictions/7 Maledictions” non è un capolavoro, non è innovativo e non fa uso di espedienti assortiti per attirare l’attenzione, però riesce ugualmente a risultare meritorio di discreto plauso! A differenza dei loro compagni d’etichetta End Of Green, arenatisi senza inquadrarsi in un sound ben delineato, i Bloodflowerz ci propongono un gothic metal melodico abbastanza robusto, spaziante fra influenze power e dark-wave, capace comunque di dare alla band quel minimo di personalità che oggigiorno è da considerare sempre più importante. Se poi aggiungiamo la presenza di una vocalist (Kirsten) che, oltre ad impersonare in modo più che soddisfacente lo stereotipo fisico della “cantante dark”, è in possesso di una splendida voce (a giudizio di chi scrive solo un po’ troppo monocorde), avrete un decente quadro della situazione. Molto interessante, anche se non originalissima, l’idea di scrivere un concept sulle sette Virtù e i sette Vizi Capitali: peccato che l’obbligatoria schematizzazione dell’argomento trattato abbia portato ad un eccessivo prolungamento della durata del disco il quale, verso il termine, causa qualche accenno di sbadiglio. Con la mano esperta e sicura di Siggi Bemm a guidarli in fase di produzione, i Bloodflowerz non fanno uso di “mostruose” performance tecniche per assoggettare l’ascoltatore, bensì tentano di avvolgerlo nelle spire di melodie ultraorecchiabili, supportate talvolta da riff di Sentencediana memoria e talvolta da arrangiamenti ai synth che ricordano vagamente i conterranei Rammstein, dai quali Kirsten & Co. colgono a piene mani l’onnipresente senso di marzialità che satura, unito però alla dolcezza, “7 Benedictions/7 Maledictions”; in altre occasioni (vedi la song “Dorian”) si odono, addirittura, richiami industriali à la Godflesh. I 14 pezzi componenti l’album si rendono riconoscibili solo dopo diversi ascolti, fatta eccezione per l’opener “Wild Heart”, le bellissime “Fire In Paradise”, “Last Exit” e “Black Snake Sister” e la cupa “The Death Of Souls”, mentre “Heart Of Stone” è un tentativo poco riuscito di ballata semiacustica con campionamenti e assolo spagnoleggiante che, francamente, si poteva evitare. Detto questo, promuoviamo con un giusto 6.5 il gothic arioso e moderno dei Bloodflowerz, rimanendo in curiosa attesa delle loro prossime mosse, sperando che non stagnino in questo sound, considerato che la noia è già appostata in agguato…