5.0
- Band: BLOODLIGHTS
- Durata: 00:40:58
- Disponibile dal: 16/11/2007
- Etichetta:
- Mate In Germany
- Distributore: Audioglobe
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Tutto d’un fiato. Senza alcuna pretesa particolare. Ed il nuovo Bloodlights si lascia ascoltare, senza particolari sussulti di sorta. Questa nuova band, dedita al più ignorante e spensierato hard rock (con una strizzata d’occhio al punk), è il parto della mente di Captain Poon, ex chitarrista dei defunti Gluecifer, ed attuale mente/chitarra/voce del progetto, che va vissuto come una nostalgica seconda chance per un artista che con la sua band originaria ha avuto ben poche soddisfazioni a livello più prettamente concreto. L’impostazione dei pezzi è pressoché identica lungo tutto l’arco temporale dell’album, come si conviene in lavori di questo tipo. Ma se manca il talento autentico, ecco che le cose cominciano ad incrinarsi dopo pochi minuti. Le strutture essenziali dei pezzi, coadiuvate dalle solite finte melodie vocali soccombono sotto il peso del tempo, e già dalla classicissima “One Eye Open” gli sbadigli si susseguono copiosi, in barba all’attitudine easy che in questi casi si tira pretestuosamente in ballo. La buona confezione e produzione traggono in inganno, nascondendo le carenze di cui vive questo lavoro, a cominciare dalla voce di Captain Poon, piatta ed insulsa come poche. Molto meglio per lui continuare come chitarrista, per non farci rimpiangere eccessivamente il ben più bravo ex compagno Biff Malibu, bravo cantante ed ottimo selezionatore di nomi d’arte. Tornando a questo “Bloodlights”, tra citazioni di Motörhead, Velvet Revolver, Sex Pistols, ma soprattutto Hardcore Superstar e Stooges, è impossibile individuare il vero motivo per cui un povero ascoltatore debba sobbarcarsi la spesa, quando per molto meno può gustarsi gli originali. Mestiere e nulla più, che si alterna tra buoni risultati (“Screwing Yourself”, “Where The Stars Don’t Shine”, “Addiction”, “One Eye Open” ed “Easy Target”) ed altri tutt’altro che memorabili, su tutte “Hammer And The Wheel” che si contorce inconcludente su se stessa per tre minuti e mezzo, e la conclusiva “Over When I’m Done”, non certo il modo migliore di chiudere il ciclo dei brani. Ora sta a voi decidere se valga realmente la pena trattenere il fiato per quaranta minuti. Quaranta minuti della vostra vita…