7.0
- Band: BLOODWAY
- Durata: 00:45:44
- Disponibile dal: 03/11/2017
- Etichetta:
- I Voidhanger Records
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Fin dalla cupa intro “Not Who, But Where”, di cui vi consigliamo di leggere il lirico testo, si ha la netta sensazione che qualcosa di nuovo abbia preso posto nella ricerca musicale dei Bloodway. Se infatti in passato l’enorme quantità di suggestioni sonore ci era parsa rendere difficoltoso il godimento dei loro lavori, in questo nuovo album la band di Bucarest ci pare decisamente più focalizzata. Non sono certo scomparse la capacità e la voglia di stupirci dal punto di vista strumentale, e alcuni brani sono decisamente mirabili, in tal senso; per esempio “Don’t Wake The Void”, sorta di assurdo punto di intersezione a tempi dispari tra gli Arcturus e i Rush (provare per credere), in cui pur tuttavia emerge un forte gusto personale, soprattutto nella trasognata linea vocale; almeno finché non si passa anche in questo episodio alle strida quasi depressive caratteristiche di Chioreanu. Va rilevato che dove però il cantante prova soluzioni diverse funzionano molto bene, per esempio nella seguente e particolarissima “Prison Paradise”, dove convivono una chitarra acida e un’affascinante cadenza a forti tinte dark; queste in realtà presenti anche in precedenza nella ritmata “The Startling Grotesque”. Oppure in buona parte di “The Incident”, che prima di cedere a velleità più progressive si configura come un brano decisamente suadente e quasi psichedelico, un mix che nel complesso, anche se apparentemente disarticolato, pone l’accento su quanto le radici musicali dei Bloodway vadano indietro con forza alle sperimentazioni degli anni Settanta. E anche la chiusura affidata alla title-track “A Fragile Riddle Crypting Clues” volteggia su atmosfere rarefatte e ricercate insieme, che toccano vette poetiche sul finale fatto di declamazioni campionate: “There Were Two Messengers […] The Infinity And The Endless Present”, e su questo tema si sviluppa il testo del brano, e semplicemente basso e batteria, a chiudere brillantemente questo nuovo capitolo discografico. La band rumena, insomma, continua il suo dignitoso e personale percorso e anche se resta la sensazione che il campo da gioco preferenziale di Costin Chioreanu siano le arti visive, ambito in cui riesce a far emergere un po’ di potenza espressiva in più, sono sicuramente riscontrabili un carattere e un’omogeneità sempre crescenti.