6.0
- Band: BLUE DAWN
- Durata: 00:46:44
- Disponibile dal: 01/04/2023
- Etichetta:
- Black Widow
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Genova è una città fertilissima in materia di musica oscura e i Blue Dawn emergono proprio dal substrato culturale che ha dato vita a molti progetti a cavallo tra doom, heavy metal, dark e progressive rock (Abysmal Grief, Tony Tears, Zess, Malombra, Il Segno Del Comando).
La band ne rappresenta probabilmente il lato più melodico ma – purtroppo – anche fragile: il limite più evidente sono le parti di voce maschile, per fortuna minoritarie rispetto a quelle cantate dalla vocalist Monica Santo (ex Tony Tears) che riesce – quasi sempre – a regalare un tocco ipnotico ed evocativo alle composizioni.
Musicalmente la formazione ligure si muove zigzagando tra i territori musicali che abbiamo citato, con un sound abbastanza potente ma mai troppo pesante e sicuramente orientato agli anni ‘70. Appare interessante il contributo di Davide Bruzzi (Il Segno Del Comando) entrato ufficialmente nel gruppo ad occuparsi delle tastiere, oltre che come chitarrista al fianco di Andrea Martino: proprio le tastiere spesso donano quell’effetto di ‘bruma gotica’ che aiuta a definire il suono dei Blue Dawn.
Ma è proprio sul versante della personalità che i musicisti genovesi non appaiono completamente a fuoco, non per un discorso legato al troppo comune ‘effetto plagio’, ma piuttosto per il tentativo di incorporare stili e ‘mood’ afferenti a sottogeneri diversi (benché contigui), spesso senza riuscire completamente nell’amalgama. Troppa carne al fuoco, con il risultato di annacquare le parti positive e ben riuscite con elementi che non convincono (pensiamo ad esempio all’opener “Hostage Of Grudge”, a “Shades” e “From Hell”).
A risollevare parzialmente il disco c’è “Praise Of Folly”, molto doom-oriented e vicina a Jex Thoth e primi Blood Ceremony, nel quale l’incedere granitico e cadenzato si apre ad un ritornello davvero riuscitissimo, capace di fare breccia dopo pochi ascolti senza scadere nella banalità, rivelandosi senza dubbio il pezzo migliore. Altri brani degni di menzione sono “Sea Of Glass”, più intricato e meno oscuro, costruito tra accenni prog e vintage rock’n’roll un po’ à la Spiders, e la tellurica e gotica “Damage Done”.
La cover della lisergica “Who Are You?”, omaggio ai giganti dell’heavy doom di Birmingham, pur non discostandosi dall’originale è piacevole ed è senza dubbio tra gli elementi positivi di un disco – il quarto in studio – che purtroppo presenta molti punti deboli. Peccato.