7.5
- Band: BLUE OYSTER CULT
- Durata: 01:01:21
- Disponibile dal: 09/10/2020
- Etichetta:
- Frontiers
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Il fanciullo che risiede dentro di noi, quello che anche in età adulta tende a sottomettere la ragione con la forza del puro sentimento, in ambito musicale ci fa amare in modo incondizionato quegli artisti che hanno segnato la nostra giovinezza grazie alle loro canzoni con cui siamo cresciuti e che tuttora portiamo nel cuore. Ammettetelo, quando esce il nuovo disco della vostra band preferita, nutrite sempre la speranza che sia un qualcosa di straordinario, paragonabile ai grandi capolavori del passato, anche se dopo una carriera lunga più di cinquant’anni il raziocinio parlerebbe di un’impresa impossibile. Prendiamo proprio i Blue Öyster Cult, formazione leggendaria nata a fine anni Sessanta che ha esordito con il primo disco nel lontano 1972, quasi mezzo secolo fa. Inoltre, Eric Bloom e compagni non pubblicano un album di inediti da ben diciannove anni. Dopo tanti dischi e dopo tanti anni quante sono, dunque, le speranze di un ritorno col botto? La nostra spasmodica attesa, quel fanciullo che arde di desiderio di ascoltare le nuove canzoni sarà soddisfatto? Contro ogni previsione logica, la formazione di New York ha compiuto un miracolo, perché il nuovo “The Symbol Remains” è destinato a lasciare il segno nel tempo e ad essere ricordato come una delle migliori prove in studio firmate Ostrica Blu degli ultimi vent’anni. A partire dall’opener “That Was Me” troviamo musica dirompente e piena di energia, dallo stile ancorato ai fasti degli anni Settanta, ma ringiovanito da una produzione attuale ed al passo con i tempi che rende perfetto l’ascolto anche per le generazioni più giovani di fans. “The Symbol Remains” contiene al suo interno pezzi molto differenti tra loro, “Box In My Head” si presenta come una chicca di hard rock melodico con tanto di coretti catchy molto immediata e radiofonica. La power ballad “Tainted Blood” dona un tocco di sensuale piccantezza al disco, mentre la successiva “Nightmare Epiphany” ci rallegra con un rock’n’roll molto leggero e decorato da chitarre che si divertono a suonare giri swing molto orecchiabili. Ed ancora, “The Machine” sfodera il lato più hard rock della band, “The Alchemist” è un manifesto di teatralità, “Train True” ci mette di fronte ad un po’ di sano rock’n’roll anni Sessanta irrobustito dai suoni potenti della produzione. Potremmo andare avanti così, ma basti sapere che le quattordici canzoni contenute nella nuova fatica dei Blue Öyster Cult sono una più bella dell’altra, nemmeno per un momento veniamo sfiorati dalla noia e dalla voglia di premere il tasto skip del telecomando. Chi scrive ha lasciato i Blue Öyster Cult ed il precedente “Curse Of The Hidden Mirror” da poco più che ventenne e oggi, a quarant’anni abbondantemente suonati, ritrova Buck Dharma, Eric Bloom, Danny Miranda insieme agli ultimi arrivati in forma strepitosa. Lunga vita a voi!