7.0
- Band: BLUES PILLS
- Durata: 00:41:25
- Disponibile dal: 21/08/2020
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
Spotify:
Apple Music:
Giustamente annoverati tra le più intriganti realtà di quel revival anni Sessanta e Settanta che ha portato alla ribalta formazioni come Horisont, Graveyard, Lucifer, Spiders e tanti altri, i Blues Pills tornano a sollazzare i padiglioni auricolari del loro pubblico con “Holy Moly!”, terzo lavoro in studio per una formazione che ha già dimostrato di essere in grado di giocare nel campionato dei più grandi. Sicuramente grazie all’abilità dei musicisti di prendere sulle proprie spalle la tradizione del rock/blues e aggiungervi molte delle sfumature che hanno reso immortale la stagione immediatamente successiva alla ‘summer of love’; ma anche (e forse soprattutto) grazie all’ugola di Elin Larsson, cantante dal talento eccezionale, capace di ricordare, senza mai sfigurare, figure leggendarie come Janis Joplin.
“Holy Moly!” porta avanti il percorso artistico della band, andando a consolidare e, in parte, ad ampliare quelle caratteristiche che hanno fatto la fortuna di lavori come “Blues Pills” e “Lady In Gold”, anche se, togliamoci subito il pensiero, con risultati non altrettanto esplosivi. Questo nuovo album, infatti, mostra diversi volti e le numerose influenze della band sono state gestite in maniera intelligente e bilanciata, pur non riuscendo a centrare sempre l’obiettivo. Iniziamo dalle cose positive che ci hanno convinto: “Holy Moly!”, come si può evincere anche dalla copertina, è un album più cupo dei suoi predecessori e questo gli permette un taglio maggiormente introspettivo, che si riflette in diversi pezzi più lenti e malinconici. Mai melensi, attenzione, ma venati da una nostalgica malinconia, che si può apprezzare in brani come “California”, “Dust” o la delicata e toccante “Longest Lasting Friend”. Sul versante opposto funziona bene quando la band si lascia andare ad una selvatica elettricità, abbandonandosi all’hard blues più indiavolato, figlio di patti stipulati ai crocicchi delle strade: è il caso di “Low Road” o “Rhythm In The Blood”, brani in cui i Blues Pills danno veramente il massimo e riportandoci alle loro migliori performance. Infine, come non citare tra i pregi di “Holy Moly!” il sentito taglio soul dato a molte composizioni, che vengono riscaldate da uno degli stili più passionali mai prodotti della musica popolare. Dunque cosa non ci ha del tutto convinto? Tutte quelle canzoni, a partire dal primo singolo “Proud Woman”, che sembrano voler restare nel mezzo: troppo poco energiche per accendere un fuoco nelle nostre viscere e, al tempo stesso, non abbastanza crepuscolari da lasciarci abbandonati ad una malinconica e pensosa contemplazione. Questo rende “Holy Moly!” un album non riuscito? Assolutamente no, ma nemmeno possiamo indicarlo come il proverbiale disco della svolta che, guarda caso, spesso coincide proprio con il terzo capitolo della discografia di una band. Piuttosto, in un anno sempre più sospeso in una sorta di limbo, i Blues Pills sembrano volerci dire che sono ancora qui, che non hanno nessuna intenzione di fermarsi e che la definitiva consacrazione è ancora a portata di mano.