6.0
- Band: BLUT AUS NORD
- Durata: 00:46:14
- Disponibile dal: 20/05/2022
- Etichetta:
- Debemur Morti
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Dove finisce la voglia di guardare oltre i soliti schemi, di osare, di sperimentare, e inizia invece la presunzione di potersi permettere qualsiasi cosa? Quando un impulso creativo non lineare e poco prevedibile, da intrigante per i colpi di scena riservati nell’arco di una discografia sconfinata, inizia a farsi tedioso? Per quanto ci riguarda – purtroppo – in una dimensione spazio-temporale non troppo distante da quella di “Disharmonium – Undreamable Abysses”, nuova fatica in studio di Vindsval e dei suoi Blut Aus Nord (la quattordicesima, senza contare EP e split) ed ennesimo stravolgimento rispetto a quanto fatto nel recente passato da parte di questa istituzione del black metal avanguardistico e contaminato.
Se il precedente, ottimo “Hallucinogen” ci aveva mostrato la band francese alle prese con un distillato di sonorità melodiche e accecanti, in cui elementi shoegaze e space rock venivano messi al servizio di una scrittura compatta, fluente e piacevolmente armonica, fin dal titolo l’opera in questione si muove nella direzione opposta, declinando in musica il senso di orrore, lo straniamento, l’ineffabilità cosmica della letteratura di H.P. Lovecraft, in un viaggio sensoriale che non lascia spazio a variazioni o a cambi di passo di qualsiasi sorta. E che, spiace doverlo ammettere, tolto il fascino che certe atmosfere possono suscitare, sembra nascondere una sostanziale povertà espressiva, un’autocompiaciuta reiterazione di riff e ritmiche ottenebranti nell’ottica di un esercizio di stile più stucchevole che altro. Già il progetto Forhist dello scorso anno ci aveva mostrato il cantante/chitarrista in una versione leggermente appannata e, in qualche modo, intrappolata nei confini del suo stesso mito, ma è con questo blocco monolitico di tre quarti d’ora che i cosiddetti nodi vengono al pettine; di fatto, la tracklist si configura come una sorta di colonna sonora per l’annebbiamento e la distorsione della psiche, e il suo intento appare chiaro, ma non sempre dispone dell’ispirazione necessaria a reggersi in piedi con le proprie gambe, succedendosi in una serie di brani monotoni e monocromatici che, oltre a dare forma alle creature e ai paesaggi del Maestro di Providence, fanno sorgere qualche dubbio sull’efficacia della scelta.
Mai come in questo caso, citare i singoli episodi risulterebbe superfluo: le conclusioni vanno tratte considerando il lavoro nella sua interezza, e quest’ultima – pur essendo formalmente sufficiente – è ben lontana dagli standard qualitativi che i Blut Aus Nord hanno saputo raggiungere in passato sia con i lavori legati all’estetica industrial/ambient, sia con quelli maestosi e naturali della trilogia “Memoria Vetusta”, sia con il blackgaze atipico del suddetto “Hallucinogen”. Un muro di dissonanze, riverberi e stratificazioni che, per quanto ben suonato e ottimamente prodotto, si guarda l’ombelico senza arrivare mai al dunque.