7.0
- Band: BLUT AUS NORD
- Durata: 00:28:05
- Disponibile dal: 18/10/2013
- Etichetta:
- Debemur Morti
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Quando si completa un progetto di lunga durata e inteso per il lungo termine, come la trilogia, le cose poi sono due: o si trova un altro progetto “seriale” da sviluppare nell’arco di periodi dilatati nel tempo, oppure si torna a fare ciò che ci faceva prima. E i Blut Aus Nord con questo nuovo EP hanno scelto la seconda opzione e si sono rituffati a capofitto e senza indugi nell’inferno caustico e ronzante dei primi lavori che li hanno fatti conoscere al mondo come band puramente black metal, seppur molto particolare, e che hanno poi portato al capolavoro assoluto della prima fase della loro carriera, ovvero il solenne e ormai iconico “The Work Which Transforms God”. Non c’è che dire, sorprende non poco non trovare in questa opera le meravigliose melodie di “Epitome X”, la delicatezza e il tatto straniante di grandi capolavori post-shoegaze come “Epitome XVI” o gli squarci di sublime fattura post industriale e di splendida reintepretazione godfleshiana di “Epitome I” e compari. Al posto di tutto ciò invece ritroviamo quel caustico e scorticante muro di drum machine glaciali e forsennate che hanno reso celebri le staffilate industrial-black di “Memoria Vestusta” e il lavoro di chitarra rovinoso e sanguinante che ha poi materializzato il trionfo cibernetico annerito di “The Work Which Transforms God”. Parliamo in sostanza di un lavoro black metal a tutti gli effetti – personalissimo, ovviamente, visto il carattere unico della band autrice della musica, ma affatto frutto della sperimentazione e della classe di veri esploratori sonori che la band ha mostrato nella trilogia “777” appena conclusa. Il tutto naturalmente si inserisce ancora una volta benissimo nella particolarissima cornice del post-black francese guidata oltre che dai Blut Aus Nord anche dai Deathspell Omega, Peste Noire, Neige Morte e altre entità simili che si rifiutano categoricamente di allinearsi al tradizionalismo scandinavo e che preferiscono invece reinterpretarlo tramite le lenti di una visione musicale molto più ampia e contaminata, nel caso specifico dei Nostri tramite il loro amore indiscutibile per i Godflesh. Staremo a vedere, per ora questo primo breve sussulto dei Nostri nuovamente liberi dalla restrizione dei lavori seriali e dunque liberi di muoversi come vogliono rappresenta sia un graditissimo ritorno al passato (assolutamente non inteso come involuzione ovviamente) che un innegabile nulla di fatto, nonostante il solito songwriting mai privo di ispirazione, e uno stile squisito e tutt’altro che da dilettanti.