8.0
- Band: BODOM AFTER MIDNIGHT
- Durata: 00:14:50
- Disponibile dal: 16/04/2021
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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E’ difficile. E’ difficile avvicinarsi a questo EP senza pensare a tutto quello che c’è stato prima e a quanto di buono avrebbe potuto esserci e invece non sarà. Nondimeno, sperando di non dover in futuro assistere a riesumazioni di cadaveri digitali ed olografici come successo in passato, giudichiamo in questa sede solo l’opera prima e ultima dei Bodom After Midnight, formati dal compianto Alexi Laiho con il sodale Daniel Freyberg (frontman dei Naildown e già chitarrista ritmico dei Children Of Bodom), oltre al batterista Waltteri Väyrynen (Paradise Lost) e il bassista Mitja Toivonen (ex Santa Cruz). Una line-up di tutto rispetto che, insieme ad una serie di altri indizi – l’artwork di Travis Smith dalla tinte rosse come “Something Wild” ed “Hate Crew Deathrolll”, il monicker ripreso da “Follow The Reaper” – sembra voler rievocare i fasti di un passato mai dimenticato ma soltanto sfiorato negli ultimi quindici anni. La risposta certa, ahinoi, non la sapremo mai, ma di sicuro prendendo la titletrack come metro di riferimento possiamo dire di sì: manca forse il tocco magico di Wirman per poter compararlo ai classici della band, ma per il resto siamo di fronte ad un ottimo mix tra la cattiveria di “Hatebreeder” e il tiro di “Are You Dead Yet?”. La successiva “Payback’s A Bitch” sembra puntare ancora più sul groove, ma soprattutto mette in mostra in fase solista le qualità strumentali dei cinque (della partita c’è anche il tastierista Lauri Salomaa, qui più protagonista), con un duello che lascia intendere come questo non fosse un mero progetto solista di Alexi. La cover di “Where Dead Angels Lie” chiude, in maniera purtroppo profetica, l’EP in maniera abbastanza fedele all’originale: l’oscurità dei Dissection viene mantenuta intatta, ma l’aggiunta di qualche punteggiatura melodica basta a renderla più moderna e personale, restando ben lontani dallo spirito goliardico di “Skeletons In The Closet”. In neanche un quarto d’ora si chiude così “Paint The Sky With Blood”: un inizio che purtroppo non vedrà mai la fine, ma anche il degno saluto di uno dei più grandi guitar hero del ventunesimo secolo. Rest in Power, Wildchild.