6.5
- Band: BODY COUNT
- Durata: 00:45:17
- Disponibile dal: 28/07/2006
- Etichetta:
- Escapi
- Distributore: Self
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Ebbene sì, incredibile ma vero, stropicciatevi pure tutti gli occhi che avete…i Body Count sono tornati!! Alla siderale distanza di nove anni da “Violent Demise: The Last Days”, datato appunto 1997, la creatura heavy metal del rapper/attore Ice-T riappare sui palcoscenici metallici con un nuovo album, il quarto della propria storia, intitolato giustamente “Murder 4 Hire”. Diciamolo subito: anche i fan più fedeli, fra i quali chi scrive, non sentivano più di tanto la mancanza dei Body Count, dati per morti e sepolti da eoni, autori di tre discreti (e iper-discussi) lavori negli anni ’90 e perseguitati da una sorta di maledizione “da ghetto”, la quale ha falcidiato nel tempo la line-up originale della rap-metal band, portandosi via prima il batterista Beatmaster V (leucemia), poi l’ex-bassista Mooseman (sparatoria) ed infine il chitarrista ritmico D-Roc (linfoma); e quindi è ovvio che l’utilità di questa release lascia un po’ il tempo che trova, giusto utile a fomentare di nuovo l’animo di chi già sgodazzava all’epoca delle varie “Cop Killer” (causa di un’asprissima polemica, al tempo, con le associazioni religiose e i comitati pro-polizia americani, e poi eliminata del tutto dal self-titled album su pressione dell’etichetta, che poi scaricò la band), “Born Dead”, “Evil Dick”, “KKK Bitch” e via citando… Comunque sia, lasciando perdere le motivazioni che hanno portato Ice-T ed Ernie C a riesumare la salma dei Body Count, lasciando stare tutti i se e tutti i ma, bisogna dire un paio di cose, utili ad inquadrare “Murder 4 Hire” nel 2006: il quintetto di South Central è stato uno degli antesignani delle contaminazioni rap-metal-hardcore e certamente il primo a trasportare la realtà gangsta-rap in un contesto metallico, assieme a tutti i suoi temi e a i suoi contenuti (violenti, scomodi e politically uncorrect che siano), quindi va tenuto, volenti o nolenti, in giusta considerazione; di contrasto, purtroppo – ed è sempre stato il grossissimo limite di Ice-T e compagni – la qualità tecnica di “Murder 4 Hire” è pressoché improponibile al giorno d’oggi: non stiamo parlando di stile o di bravura strumentale, questi aspetti sono rimasti immutati dal passato (consolidato il primo, limitata la seconda), bensì ci riferiamo in primis alla produzione: “Body Count” e “Born Dead”, sotto questo aspetto, facevano pena; “Violent Demise: The Last Days”, prodotto da Howard Benson, era molto meglio concepito, ma passò totalmente inascoltato. Ora…be’, ora ”Murder 4 Hire” sembra uscito da uno studio di registrazione di serie Z, con le chitarre lasciate bassissime, la voce e il charlie a sovrastare tutto (proprio come in un disco hip-hop), una batteria innocua ed un basso inesistente! Peccato, perché i pezzi, i riff, il groove, pur non rinnovandosi in alcun modo, sono quelli belli cadenzati, tosti e anthemici, classici dei Body Count; c’è qualche ritorno al passato remoto, con improvvise accelerazioni slayeriane (“The Passion Of Christ”, “Relationships”), ma sono castrate dalla zanzariera in cui vanno a finire una volta passate per la consolle. Ancora peccato, in quanto “Invincible Gangsta”, “You Don’t Know Me (Pain)”, la southern (con tanto d’armonica) “Down In The Bayou” e “Dirty Bombs” sono gran bei brani, soprattutto per chi conosce a menadito il gruppo. Bruttine, invece, “The End Game” e la title-track, con quest’ultima che sembra estratta dal repertorio dei Ramones. Non mancano ovviamente la solita strumentale di Ernie C, “Mr. C’s Theme”, e “D-Rocs (RIP)”, pezzo dedicato all’ultimo membro scomparso. Insomma, divisi tra la delusione per un disco che poteva essere ben più avvincente e contenti per il ritorno di eroi del passato, consigliamo l’acquisto immediato di “Murder 4 Hire” solo agli aficionados della formazione losangelina. Per chiudere, come direbbe il vecchio Ice: Body Count’s still in da house! Yo!